I decenni a cavallo tra i secoli XIX e XX furono un crocevia di scoperte rivoluzionarie. Freud, attraverso la psicanalisi, mise in chiaro che il presente di un individuo dipendeva dal suo passato. Dal canto suo Jung ci fece comprendere che il nostro futuro dipende da ciò che decidiamo di fare adesso. La qualità di un’azione, di un pensiero, di un’emozione avranno efficacia sul nostro destino a venire, che si perfezionerà soltanto se equilibriamo in noi le energie femminili e maschili.
Nel campo delle scienze della natura la vecchia concezione meccanicistica di Newton crollò. Essa prevedeva che la realtà fisica potesse essere divisa quasi all’infinito, per essere studiata meglio, finché si arrivasse agli atomi – che non erano più divisibili. Questi secondo Newton erano inalterabili e si muovevano nello spazio e nel tempo in modo che si può definire “cieco”, obbligati ad essere attratti o respinti dalla forza universale di gravità. Lo spazio ed il tempo erano realtà assolute, ciascuna di loro a sé stante Il mondo funzionava con la precisione di un enorme orologio, retto dalle leggi di un rigido determinismo. L’uomo era separato dalla natura. La poteva osservare e descrivere obiettivamente.
Le scoperte di Einstein e degli altri fisici nucleari demolirono questa concezione. Questi scoprirono che l’atomo era a sua volta composto da molte parti, e a seconda dei metodi impiegati per l’osservazione, le particelle infinitesimali di cui era costituito, potevano apparire come materia o come onda. La materia era instabile. Si trasformava continuamente in energia, che si riconvertiva di nuovo in materia, in un gioco che poteva essere descritto come probabilità di esistere, per la particella, ma non come una certezza durevole.
L’universo di Newton si era fondato sul principio di identità di Aristotele: A = A. Ora si scopriva che a livello sub-microscopico nulla rimaneva eguale a se stesso, ma tutto cangiava in un divenire continuo. Le leggi che reggevano l’universo erano la trasformazione perenne e la stretta relazione tra le sue parti.
Se dal campo della natura e della fisica passiamo al campo umano, vediamo che anche tra le sue parti esistono dei rapporti: non solo tra il cuore e lo stomaco, tra i polmoni e i reni, ma anche tra i pensieri e i sentimenti, da una parte, ed il corpo dall’altra. Un certo modo di pensare o di sentire raccorcia i muscoli e genera ansia. È la nascita della medicina psicosomatica. C’è un doppio scambio: la mente influenza il corpo (e la sua salute) e questi ha effetti sulla psiche.
All’inizio degli anni ’80 una rivista, Riza Psicosomatica, cominciò a pubblicare articoli che dimostravano che il cancro poteva avere origini psichiche. I nuovi ricercatori si definirono olistici, dalla parola greca holos che significa “tutto”.
I nuovi studi fiorirono. Tra gli altri si segnalò un giovane fisico, Fritjof Capra, che dopo avere accostato la realtà sub-nucleare all’antica mistica buddhista (vedi Il Tao della fisica), incominciò ad incontrare i grandi personaggi della nascente scuola olistica. Essi erano molto dinamici e appartenevano ai più svariati campi scientifici. L’intento comune era di creare un nuovo paradigma, che sostituisse quello superato della scienza meccanicistica di Jung.
Gli studi olistici sono andati avanti impetuosamente con Stanislav Grof, uno psichiatra di Praga emigrato negli Stati uniti. Egli ha dimostrato sperimentalmente, con tecniche chiamate olotropiche, che l’uomo è legato a tutto ciò che esiste nell’universo. Secondo Grof la realtà totale (compresa quella invisibile) è costituita da parti intimamente connesse tra loro che si influenzano reciprocamente.
Facciamo un esempio pratico. Per un medico ortopedico un ginocchio non è altro che un ginocchio (principio di identità di Aristotele). È composto solo dalla parte fisica: ossa, condili e cartilagini che possono essere riparati, in caso di malattia, o sostituiti da protesi.
Per la medicina olistica le cose stanno diversamente. Il ginocchio è sì un organo fisico, ma legato ai sentimenti (inconsci) della persona. Senza rendercene conto, possiamo infatti irrigidire l’articolazione (in genere per assumere una postura “più importante”). Il risultato è una crescita della statura, che simula una situazione di predominio e conferisce un’aria più imponente. Ma si tratta di una vittoria di Pirro. Il ginocchio infatti è l’organo della flessibilità. Permette di essere flessibili non solo nelle gambe per superare i dislivelli, ma anche nelle idee e nel carattere. Un ginocchio rigido favorisce anche la rigidità della schiena e del pensiero (ad insaputa del titolare del ginocchio).
Annick de Souzenelle, nel Simbolismo del corpo umano, mette il ginocchio in relazione con la testa. Entrambi hanno una forma arrotondata. Il profeta Elia, quando va nel deserto a pregare affinché cessi la siccità, si inginocchia a terra e mette la testa tra le ginocchia. Forse questo spiega perché nella medicina esoterica di Baker, viene detto che il ginocchio si ammala quando la persona smette di far evolvere la propria anima.
La medicina olistica vede i nessi tra la psiche e la malattia. Secondo i suoi principi non va curata solo la parte malata, ma l’uomo intero nella sua completezza.Le due medicine, quella ufficiale e quella olistica, rappresentano due facce opposte della stessa medaglia. La medaglia è l’uomo. Abbiamo tutto l’interesse a fare sì che le due facce, anziché essere orientate in direzioni contrarie come quelle del dio Giano, si guardino negli occhi e collaborino. Ne può derivare una migliore comprensione dell’individuo e del modo di alleviarne il male di vivere.
Luciano Jolly
MenteInPace, Cuneo
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