PENSIERI DISORDINATI SU "PSICHIATRIA COME MEDICINA DELL'ANIMA di Fema Alice Lorenzin

Dibattiamo un pò, come suggerisce Meo....

Ritengo anch'io che non ci sia problema nel pubblicare l'articolo-recensione di Luciano purchè con la sua firma e a titolo personale, il che significa che si assume lui la responsabilità di ciò che dice, e che altri nell'associazione possono avere altri pareri. 
Pareri, incertezze e dubbi : perchè troppe cose non siamo in grado di sapere, mentre in troppi riteniamo invece di saperle.

Non mi voglio inoltrare nel discorso, però io comincerei col chiedere cos'è l'anima... Dire che è la parte imperitura della persona mi sembra un atto di fede. 
Mi sono chiari i concetti di corpo e di mente, anche se mi sembra straordinario - fermandomi un attimo a pensarci- quello strano rapporto che c'è fra l'uno e l'altra, e non so proprio spiegarmi come funzioni questa loro continua interazione, e come si crei nel corpo il pensiero.... 
Mi è chiaro anche cosa sia l'inconscio, e che possa essere "normale", utile a non sovraccaricare di dati la mente conscia, o patologico e spingermi involontariamente ma coattivamente ad avere comportamenti nevrotici, o anche collettivo, fatto di dati che probabilmente si sono accumulati nel DNA attraverso le generazioni. 
Ma l'anima mia imperitura? 

Devo dire che mi è piaciuta moltissimo l'intervista di Nicoletta Cinotti a Gaspare Palmieri. Non avendola ricevuta nella posta, l'ho cercata e trovata su internet:
Il sito è molto interessante.
Palmieri dice : "l’atteggiamento va a a mio avviso adattato a ogni situazione". Concordo.  Si tratti di psicofarmaci. O del tipo di approccio  psicoterapeutico (ne esistono vari, l'essenziale è che funzionino, cioè che riescano a sbloccare un pò il problema del malato per consentirgli di vivere meglio)
Personalmente ritengo negativo imbottire i malati di farmaci o psicofarmaci, quando è possibile evitarli. Ma non mi sembra saggio prendere posizioni rigide. Certe volte e in certi momenti, e forse per certe persone più che per altre, credo proprio che il farmaco serva.
Ovviamente tutto ciò da una grande responsabilità al medico nel valutare la situazione e sottintende una discreta capacità nel "percepire" empaticamente il tipo di disagio del malato.

Per quanto riguarda il farmaco che modifica l'attività cerebrale, ritengo che l'attività del nostro cervello sia continuamente modificata e modificabile, anche attraverso le esperienze che viviamo. Cos'è l'educazione se non è una specie di manipolazione, di tentativo di condizionamento a fin di bene (perlomeno si spera...) per modificare il cervello inserendovi nuovi dati, e per consentirci di affrontare e decodificare meglio la realtà? 

Fema Alice Lorenzin


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Roberto Baravalle è nato a Cuneo nel 1948. È stato insegnante e si è occupato a lungo di arti figurative. Autore di numerosi testi critici e di vari racconti, ha scritto tre romanzi: Sold Out, Rusconi, 1990, Anni Strappati, Daniela Piazza, 2002 e Nero di Spagna, Nerosubianco, 2006. Nel 2005 è uscito con il Touring Club Italiano il reportage ¡Olé! Spagna d'oggi fra modernità e tradizione. Nel 2008, con Nerosubianco, ha pubblicato l’antologia Esercizi di memoria. Nel 2011, per Il Saggiatore, ha tradotto e curato un volume dal titolo Il volo oscuro del tempo che raccoglie un’ampia selezione delle memorie dell’editore poeta Carlos Barral.

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