Fallita la discreta ma intensa opera di moral suasion, proseguita per settimane, nei confronti dell’assessore alla Sanità affinché rivedesse la sua posizione sulla questione del riordino della psichiatria, il Pdoggi ha preso il toro per le corna e con un documento, sia pure infarcito abbondantemente di apprezzamenti e intenti collaborativi, manda a dire ad Antonio Saitta che la delibera va ritirata: in alcuni punti è “inappropriata” e “di difficile interpretazione”. Delibera, va ricordato, che è stata di fatto stoppata dal Tar, ritendo “sussistente e irreparabile” il danno, denunciato da alcune associazioni nel ricorso, che l’atto potrebbe produrre. Non solo: sullo stesso provvedimento pendono ancora altri ricorsi, tra cui pure quello del Comune di Torino. Il messaggio del Pd è chiaro: caro Antonio ritira quella delibera. Il tono non è così perentorio, ma la sostanza è quella. Per mettere all’angolo l’inquilino di corso Regina, fino ad oggi irremovibile anche di fronte alle molte proteste e agli altrettanti rilievi arrivati un po’ da ogni settore interessato – dalle associazioni dei famigliari alle strutture, passando anche per gli psicologi e altre figure professionali -, la segreteria regionale dem usa il guanto di velluto. Per motivare il documento che sa tanto di ultimatum, spiega come il Pd ritenga “importante dare un proprio contributo affinché chi amministra non trascuri cardini importanti di una riforma, senza i quali tutta una struttura perderebbe di significato”. E già in queste poche righe si intuisce dove si voglia andare a parare. E poi vengono citate tutte “le tante realtà che operano nel settore della salute mentale e dalle quali erano state sollevate varie criticità sulla delibera” con le quali Davide Gariglio spiega che il partito, tramite la referente per la Sanità del Pd regionale Maria Peano, ha avuto ripetuti incontri a seguito dei quali “abbiamo elaborato alcune sintetiche valutazioni che rappresentano l'indirizzo del Pd piemontese sul tema, fiduciosi che il lavoro svolto costituisca un concreto aiuto per l'amministrazione regionale”. Insomma mentre le associazioni, le strutture e gli Ordini professionali lamentavano il non ascolto da parte dell’assessore, una diplomazia parallela dem proseguiva nel lavoro che oggi porta alla richiesta di ritirare, rivedere e riscrivere la delibera. Consapevoli che “si attendeva da tempo un atto di programmazione della Regione che affrontasse l’importante tematica della residenzialità psichiatrica, sia per ottemperare agli obblighi imposti dal Piano di rientro, sia per rivalutare pazienti e contesti di inserimento per verificarne appropriatezza ed esiti”. I componenti della segreteria regionale spiegano, tuttavia, che un conto è fare le cose bene, altro e farle e incorrere nella protesta corale – con le immancabili ripercussioni nel consenso e nella fiducia – nonché nelle reprimenda dei giudici amministrativi. Diversi i punti contestati, di cui si è discusso ancora questo pomeriggio nel corso di una riunione della segreteria il cui esito non può che suonare come la prima forte presa di posizione del partito in (sia pure parziale e ammorbidito) dissenso con l’assessore e quindi la giunta di Sergio Chiamparino. Vengono messe in discussione le scelte relative alla classificazione delle strutture, dalle comunità protette ai gruppi appartamento, che in molti casi non vedono più assicurata la totale copertura dei costi da parte del Fondo sanitario nazionale. Quando i dem scrivono di ritenere alcune scelte contenute nella delibera di “difficile applicazione”, resta difficile trovare un sinonimo alla parola bocciatura da usarsi per l’atto tutt’oggi difeso da Saitta. Riguardo ai costi e a chi spetta sostenerli, il Pd sottolinea come “per quanto concerne i Lea, la delibera non tiene conto che, per molte delle strutture classificate come gruppi appartamento e per le comunità alloggio, la definizione di struttura a bassa intensità assistenziale (SRP3) è inappropriata e quindi inapplicabile; esse infatti sono inequivocabilmente a carattere terapeutico-riabilitativo per quanto riguarda la tipologia di pazienti, la tipologia dei programmi di trattamento, la prevalenza del personale sanitario, la definizione standardizzata di una definita durata del programma”. Altro punto che viene ribadito nel corposo documento riguarda l’assenza di una normativa nazionale che obblighi le Regioni a stabilire requisiti strutturali di tipo para-ospedaliero per le strutture residenziali psichiatriche, nemmeno per quelle ad alta intensità ed intermedia intensità riabilitativa e a totale carico della sanità”. E per supportare la tesi, dal partito ricordano all’assessore che molte regioni italiane (Toscana, Lombardia, Emilia Romagna, Veneto) attuano tale indirizzo alla lettera e addirittura alcune prevedono l’esercizio di strutture residenziali psichiatriche in contesti di civile abitazione anche oltre il numero di dieci posti. Dunque nessuna normativa prevede, neanche per strutture di ampie dimensioni con mandato terapeutico e a totale carico della sanità, pesanti requisiti strutturali para-ospedalieri”. Nella parte più politica del documento viene auspicata la costituzione, “accanto ad un efficiente Ufficio Salute Mentale, di un tavolo di monitoraggio regionale, partecipato da associazioni dei familiari, rappresentanti degli erogatori di servizi, rappresentanti dei dipartimenti, con funzioni di monitoraggio dell’applicazione delle disposizioni della nuova delibera di riordino”. Se ad oggi, nonostante alcuni incontri con l’assessore, da ogni parte coinvolta nella delicata materia della cura e assistenza ai malati psichiatrici è sempre stata stigmatizzata una certa sordità e scarsa comunicabilità da parte di corso Regina, il Pd pare andare nella direzione opposta. Che il terreno fosse scivoloso e a rischio per la stessa maggioranza Gariglio (e non solo lui) lo aveva capito da tempo. “Non si può far ricadere sulle famiglie i costi dell’assistenza psichiatrica” si è ripetuto nella riunione odierna. Ogni tentativo di far assumere una posizione più morbida a Saitta e, magari con il pretesto della decisione del Tar, portarlo a riconsiderare l’opportunità di ritirare e riscrivere la delibera è fallito. Oggi si è arrivati al documento. Che, pur infiocchettato, resta pur sempre una sconfessione.
E sempre in tema di salute mentale Saitta ha annunciato oggi la firma di un protocollo d’intesa tra la Regione e la magistratura con l’obiettivo di superare gli Ospedali Psichiatrici, questione sul quale il Piemonte è inadempiente al punto da essere stato minacciato di commissariamento. “Abbiamo individuato due strutture sanitarie extraospedaliere (Rems), una delle quali già attiva a Bra – ha spiegato l’assessore in accordo con il governatore - destinate ad accogliere le persone a cui sono applicate le misure di sicurezza detentiva, ma nel contempo lavoriamo perché nel medio periodo si possa contenere l’uso delle Rems proprio con misure alternative, che i nostri Dipartimenti di salute mentale applicheranno proprio grazie allo strumento del protocollo con la magistratura”. Attualmente in Piemonte 400 pazienti sono seguiti in alternativa alla “e in questa materia serve collaborazione tra la sanità e la giustizia. Per questo aumenteremo di 2 milioni lo stanziamento ai Dipartimenti di Salute mentale ”.
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