Al Sig. Presidente
e ai componenti della IV Commissione Permanente
Al Sig. Presidente del Consiglio Regionale
del Piemonte
Al Sig. Presidente
Dr. Sergio Chiamparino
Al Sig. Assessore alla Sanità
Al Sig Assessore all’Assistenza
Ai Sig.i Assessori
Giunta Regionale del Piemonte
Oggetto: richiesta di audizione per osservazioni in merito alla bozza di deliberazione di integrazione
della DGR 30-1517/2015
Lo scrivente Comitato per la Salute Mentale in Piemonte è un comitato spontaneo a cui aderiscono cittadini e organizzazioni diverse (associazioni di volontariato, utenti, familiari, operatori
pubblici e privati, organizzazioni professionali, sindacati) che condividono alcune posizioni sulla salute mentale e intendono sostenerle presso l’opinione pubblica e le
istituzioni.
Il 21 aprile 2016 una nostra delegazione è stata audita dalla IV Commissione permanente del Consiglio
Regionale, cui ha sottoposto un documento di considerazioni critiche e proposte di miglioramento della DGR 30 sulla residenzialità psichiatrica.
A fronte della recente presentazione da parte della Giunta regionale di una bozza di integrazione alla
DGR30, chiediamo alle SSLL di essere ricevuti per poter esporre in maggiore dettaglio le ragioni delle nostre perduranti perplessità e formulare ulteriori proposte di miglioramento.
Le modifiche proposte dalla Giunta contengono, a nostro avviso, alcuni importanti passi avanti ma anche
svariate criticità residue. In particolare:
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Viene ancora una volta riproposto l’infondato “dogma” per cui le cosiddette comunità protette
avrebbero il monopolio della funzione terapeutica, mentre ai gruppi appartamento sarebbe riservata una pura funzione assistenziale
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Su questa base si escludono impropriamente dai LEA una gran parte dei gruppi appartamento sulle 24 ore
e tutti quelli sulle 12 ore e a fasce, in contrasto con la normativa sui LEA vigente (Dpcm 2001) che considera extra lea solo le strutture “assistenziali a bassa intensità”, ovvero, al
massimo, i gruppi appartamento coperti per fasce orarie
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Tale scelta, verosimilmente dettata da ragioni economiche, tradisce anche un pregiudizio culturale
avverso alle soluzioni riabilitative “leggere” di tipo territoriale, impedendo di fatto agli utenti di curarsi all’interno di civili abitazioni, le più prossime al mondo normale. Si tratta di
un profondo travisamento dei principi della riforma psichiatrica, della vigente legge 180, dei successivi Progetti Obiettivi e del Piano d’Azioni Nazionale per la Salute mentale
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Affermando a priori l’inappropriatezza dell’inserimento di utenti con bisogni terapeutici in
gruppi appartamento e di utenti con bisogni assistenziali in comunità, la Dgr ordina ai Dsm di attuare una sorta di “deportazione” incrociata (dagli appartamenti alle comunità e viceversa)
che riguarderà centinaia di persone. E’ ovvio che tale operazione non solo è contraria ai principi della riforma psichiatrica sopra ricordati, ma viola i più elementari diritti degli utenti e
dei loro familiari
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In particolare viene clamorosamente contraddetto nei fatti il principio della libera scelta dei
luoghi di cura, che la nuova bozza della Dgr si era appena premurata di riconoscere in teoria
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Viene al contempo negato il diritto-dovere dei servizi di utilizzare, in scienza e coscienza,
comunità, gruppi appartamento o appartamenti supportati (che la Dgr nemmeno cita), con indicazioni differenziate e individualizzate, sulla base del principio dei percorsi di cura complessi,
previsto dal Piano d’Azioni Nazionale per la Salute mentale del 2013 e da una vasta letteratura scientifica, prodotta anche in Piemonte.
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Peraltro la metodologia proposta dall’Assessorato per distinguere gli utenti con prevalenti bisogni
sanitari da quelli con prevalenti bisogni assistenziali, appare molto fragile in termini di validità scientifica: non è sostenuta da alcun riferimento bibliografico specifico e si limita ad
utilizzare, in modo estemporaneo, due scale (Gaf e Honos) la cui attendibilità per questo genere di valutazione è esplicitamente messa in dubbio dalla letteratura stessa che le riguarda (in
particolar modo la Honos)
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A una parte dei gruppi appartamento, coperti sulle 24 ore, (SRP2 di livello 2) viene riconosciuta una
funzione terapeutica. Tale “apertura” lodevole nelle intenzioni è però contraddetta nei fatti poiché il monte ore previsto è completamente inadeguato a svolgere una reale funzione
terapeutica. Con l’organizzazione proposta (per dieci utenti un operatore da solo in turno sulle 24 ore con la compresenza di un secondo operatore per circa 5 ore giornaliere) è possibile
solo un superficiale lavoro di badanza che però, paradossalmente, viene posto a totale carico del servizio sanitario nazionale.
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Le SRP2 di livello 2 diventano così solo un “contentino” simbolico, privo di reale utilità. Per
funzionare come strutture terapeutiche dovrebbero avere gli stessi standard di personale pro-capite delle SRP2 di livello 1, ridotte in proporzione al minor numero di ospiti (dieci contro
venti). Non si tratta infatti di strutture terapeutiche di serie B, per pazienti meno gravi, come pretenderebbe la Dgr, bensì di un modello specifico di struttura terapeutica: in contesto di
civile abitazione, di dimensioni più ridotte, e con indicazioni distinte rispetto alle SRP2 di livello 1, ma con uguale dignità clinica e quindi, necessariamente, con costi pro capite
analoghi.
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Anche il monte ore previsto per le SRP3 a 24 e 12 ore rimane profondamente inadeguato. Ma soprattutto
nelle SRP3 con copertura sulle 24 la presenza notturna è assicurata tramite le cosiddette “notti passive”. Tale meccanismo è inaccettabile poiché la “reperibilità con obbligo di
presenza” implica che l’operatore sia in sede ma non in servizio e non venga retribuito, se non in maniera irrisoria. Si tratta di una soluzione organizzativa non rispettosa del diritto al
riposo de lavoratori e rischia di compromettere anche la qualità del servizio.
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Vengono introdotti meccanismi di flessibilità nell’impiego di personale e previsti progetti
individuali aggiuntivi; meccanismi certamente utili ma a nostro avviso non sufficienti e da precisare meglio.
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Inoltre non è ancora risolto in maniera soddisfacente il problema della pari ammissibilità dei
titoli di studio
Queste ed altre parimenti cruciali difficoltà di tipo tecnico e culturale (quale soprattutto
l’assenza di ogni concreto riferimento al potenziamento dei servizi territoriali alternativi o successivi alla residenzialità, fatta eccezione per lo Iesa) richiedono ulteriori approfondimenti e
costruttivi confronti, che vorremmo contribuire a rendere possibili, attraverso un dialogo diretto con le SSLL.
Ancora confidiamo che il licenziamento di un provvedimento così delicato
e controverso, ma così atteso da tutte le parti in causa, possa infine avvenire attraverso un ascolto reale, e non solo formale, dei suoi principali destinatari e protagonisti: utenti, familiari
e operatori
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