L’Associazione Medici Cattolici Italiana è dolorosamente accanto al mondo della fragilità e denuncia la
mancata prevenzione e la mancata messa in atto di interventi appropriati, in sostegno e in aiuto ai più deboli. Ogni Stato è titolare di una funzione principale, deputata ad aiutare gli individui
e ad alleviare le loro intime sofferenze con ogni mezzo a disposizione. Uno Stato che si rispetti deve obbligatoriamente aiutare quegli individui che vogliono morire a scegliere di
vivere.
La storia di Noa Pothoven e il suo epilogo interpellano il mondo intero! E’ una storia, quella di Noa, che richiama vergogna su tutti coloro che avrebbero dovuto
opporsi ed imporsi e non l’hanno fatto. Siamo sicuramente di fronte ad un caso di suicidio assistito, del quale l’ingrediente di base è il dolore mentale insopportabile, determinato dalla
vergogna, dalla colpa, dalla rabbia, dalla solitudine e dalla disperazione.
Siamo di fronte ad una vera e propria sconfitta di una società, continuamente in cerca di orientamento, incapace di dare senso alla solitudine, alla rabbia e ai
sensi di colpa. Sì questa è la storia del male di vivere, fatto di solitudine e di emarginazione, cui è mancato in modo assoluto quell’ingrediente di amore che nelle più controverse condizioni
psichiatriche può rappresentare l’unica terapia salvavita.
Sconfitta è la medicina incapace di dare sostegno a quell’insopportabile
dolore psicologico, determinato da bisogni frustati e negati e per i quali l’unica via di uscita è stata la morte, peraltro annunciata. La sconfitta della medicina è ancora più cogente perché
sempre più si parla di relazione, sempre più ci si riempie la bocca nel proclamare che va promossa e valorizzata la relazione di cura e di fiducia tra medico e paziente e che il tempo della
comunicazione tra medico e paziente costituisce tempo di cura, e sempre più ci si trova sguarniti di fronte a queste tragedie. E’ una certezza che l’alleanza terapeutica qui non abbia per nulla
funzionato.
Non hanno funzionato nemmeno le tecniche concomitanti perché è la medicina che
si è stancata nella società attuale di sostenere le esistenze avare e faticose e che si limita con enfasi ad assistere al suicidio, codificando la sua presenza in quel contesto come forma di
assistenza, divenuta vergognosa testimonianza di una incapacità a gestire situazioni borderline. E’ quella stessa medicina che si lamenta della carenza normativa rispetto alle condizioni di fine
vita ma che non si è fatta carico di tutte quelle competenze emotive, pregiudizievoli all’atto di fine vita.
Sconfitta poi è la scienza che parla e sproloquia ma mai incorpora nella sua
ricerca interventi appropriati per prevenire l’esplosione di queste umane fragilità e di queste umane esistenze che si frammentano in schegge impossibili da mettere a posto.
Sconfitti siamo tutti noi che proclamando adattamenti passivi inutili abbiamo
zittito le nostre coscienze.
Sconfitto è tutto il mondo perché in questa storia che sintetizza il male di
vivere, fatto di solitudine e di emarginazione è mancato in modo assoluto quell’ingrediente di amore che nelle più controverse condizioni psichiatriche può rappresentare l’unica terapia
salvavita.
Sconfitte sono tutte le realtà umane e laiche che mostrano la loro incapacità
ad agire nelle situazioni di fragilità, di dolore e di depressione per porre conforto e conseguentemente elaborare percorsi di sostegno.
Siamo davvero in una società in declino nella quale anziché produrre sollievo
alle sofferenze siamo capaci solo di aiutare a gestire la fine della propria vita.
Quella decisione, che molti affermano essere stata presa in libertà, in
autonomia, in autodeterminazione era una urgente, grave richiesta di aiuto, proclamata ad alta voce e per nulla esaudita… e in mancanza di aiuto si è trasformata in una pianificazione anticipata
della morte.
La vergogna per la nostra società è che parliamo di preferenze del paziente,
come se stessimo ordinando un pranzo, per poi assistere inermi quando proprio a noi tocca di occuparci di quelle problematiche cogenti che coinvolgono la persona umana e tutti gli attori che
assistono al dramma di chi muore per un dolore silenzioso.
La medicina fa statistica, descrive le caratteristiche di questi soggetti, si
orienta ad individuare le fasce di età più a rischio e tante altre cose insieme, ma è incapace di stendere un mantello di protezione che dovrebbe rappresentare importante sinergia in ogni
risposta aiutante. La realtà è che si è spezzata vergognosamente ogni dimensione etica nel rapporto di cura. Si è spezzata la circolarità e la consapevolezza di quella realtà arricchente che è la
realtà tecnico-medico-psico-sociale orientata al bene reciproco. E’ spezzata la spiritualità che non si identifica più in un’appartenenza religiosa, ma che è mediata dalla cultura e si risolve in
un rapporto personale profondo, non più intimamente connesso a relazioni di speranza.
Annientati sono i sentimenti, le motivazioni, le aspettative, i ruoli, forse
diventati tutti meccanismi di compromesso, di razionalizzazione e di negazione del problema. La evoluta Europa indossa a partire da oggi una maschera nera e bieca, predisponendosi ad un
vergognoso esodo da quel dolore che strappa l’animo, infrange la vita, proclamando a gran voce di aver appositamente addestrato i medici a fornire prestazioni nei suicidi
assistiti.
L’AMCI alza la voce per comunicare al mondo intero che questi pazienti sono
uccisi da società economicamente opulenti, assolutamente incapaci e indisponibili a prendersi cura dei più fragili!
Prof. Filippo M.
Boscia
Presidente Nazionale AMCI
tratto da quotidianosanità.it
http://www.quotidianosanita.it/lettere-al-direttore/articolo.php?articolo_id=74803&fr=n
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