02 LUG - Una prima analisi dei dati
contenuti nel Rapporto Salute Mentale 2017 del Ministero della Salute consente alcune
considerazioni generali sullo stato attuale e sulle prospettive dell'assistenza psichiatrica in Italia.
La rete dei servizi: una realtà radicata con 145 DSM
A fronte delle diverse criticità che emergono dalla lettura del Rapporto è opportuno partire da una realtà positiva del radicamento nazionale di una diffusa rete: 1.481 servizi territoriali,
2.346 strutture residenziali e 908 strutture semiresidenziali. In questo quadro il processo di unificazione delle ASL ha portato ad un parallelo accorpamento dei Dipartimenti di Salute Mentale
che sono passati dal numero di 183 nel 2015, a 163 nel 2016 fino ad arrivare all'ultimo dato di 145 nel 2017.
La nascita di mega-dipartimenti per bacino di utenza può portare a difficoltà gestionali e di rapporto con le diverse zone, che dovrebbero essere bilanciate da più unità operative territoriali
strutturate e vicine ai bisogni della popolazione di riferimento.
Il personale, una risorsa fondamentale in diminuzione
La fotografia del personale che opera nei dipartimenti di salute mentale è
fondamentale, in quanto gli operatori rappresentano la risorsa principale per una buona psichiatria di comunità basata sulle relazioni.
Il numero totale degli operatori è indicato in 28.692 unità, ma dalla lettura
dell'apposita tabella pubblicata si evince che questo dato non ricomprende la Regione Calabria, che nel Rapporto 2016 era di 778 unità.
Comunque anche sommando lo stesso precedente dato della Calabria si
arriverebbe a circa 29.470 operatori a fronte dei 31.586 risultanti nel Rapporto 2016, con una perdita in termini assoluti di 2.116 unità in un solo anno (circa il 6,7% in meno).
Ma il punto centrale dal quale partire dovrebbe essere il raffronto con il
fabbisogno di personale "tendenzialmente di almeno un operatore ogni 1500 abitanti" definito nel Progetto Obbiettivo Tutela della Salute Mentale 1998 - 2000.
Si arriva così al dato maggiormente significativo della mancanza di circa
11mila operatori, il 27% in meno rispetto al numero minimo di 40.393 necessario secondo il parametro di 1/1500.
L'utenza aumentata e le prestazioni diminuite
Nel 2017 ci sono stati 44.154 utenti in più (+ 5,5 %) rispetto al 2016 con
almeno un contatto nell'anno con le strutture dei DSM. In totale nel 2017 sono stati registrati 851.189 utenti (53,5 % sesso femminile e 4,5% di nazionalità non italiana) con un'ampia percentuale
al di sopra dei 45 anni (67,6%).
Ma le prestazioni sono diminuite (- 385.762), verosimilmente per la
diminuzione del personale, passando da 11.860.073 a 11.474.311 (-3,3%).
Il dato di circa 850mila utenti è importante, ma la stima delle persone con
gravi disturbi che avrebbero bisogno di essere assistite dai servizi pubblici è senz'altro maggiore, ipotizzabile in almeno il 50% in più. C'è infatti da considerare che le problematiche legate
allo stigma troppo spesso rappresentano un muro difficilmente valicabile, che non consente di intervenire precocemente e con migliori risultati, in particolare per i più giovani.
Il maggiore carico assistenziale è per gli utenti con diagnosi di schizofrenia
e altre psicosi funzionali (40,5% delle prestazioni), il 15,0% per gli utenti con diagnosi di depressione, il 10,0% per gli utenti con diagnosi di mania e disturbi affettivi bipolari e con
disturbi di personalità e del comportamento, e solo il 7,6% per utenti con sindromi nevrotiche e somatoformi.
La presa in carico degli utenti con bisogni più complessi come scelta
prioritaria è senz'altro appropriata, stante la carenza di risorse, ma dovrebbe essere incentivata anche l'attività di consulenza ai medici di medicina generale per i casi più
lievi.
La residenzialità e il rischio di una
neoistituzionalizzazione
Un altro dato significativo è rappresentato dalla crescita degli utenti (+922)
in cura presso strutture residenziale passando da 31.593 nel 2016 a 32.515 nel 2017 (+ 2,9%). Se a questo aggiungiamo anche un aumento di 142 giorni del trattamento medio (+ 21% rispetto al
20169), arrivando a una media nazionale di 815,8, appare il rischio di una tendenza verso l'istituzionalizzazione.
Le cure ospedaliere come spia di criticità sul territorio
La degenza media negli SPDC è leggermente aumentata, da 12,6 giorni nel 2915,
a 12,7 nel 2016 fino al 12,9 giorni nel 2017, pur in presenza di un aumento di ben 358 posti letto rispetto al 2016, per un totale di 3.981.
Solo il 36,3% dei pazienti dimessi riceve una visita psichiatrica entro 14
giorni, e il 42,8% entro i 30 giorni. Inoltre il numero delle riammissione non programmate entro 30 giorni è del 13,9 %, e del 7% entro 7 giorni, con l’ipotesi di una scarsa integrazione
con il territorio e problematiche di dimissioni precoci.
Il numero complessivo di accessi al Pronto Soccorso con diagnosi principale
psichiatrica è stato di 592.226, con ben il 47% con diagnosi di sindromi nevrotiche e somatoformi. Quindi circa un accesso su due al pronto Soccorso si può considerare "improprio", evidenziando
una criticità nella rete dei centri di salute mentale, ma soprattutto della medicina generale. Considerazione ancor più suffragata dal dato che il 72,6% del totale degli accessi per problemi
psichiatrici esita a domicilio.
Un dato positivo è invece rappresentato dalla diminuzione dei Trattamenti
Sanitari Obbligatori (TSO) che sono passati da 8.289 nel 2015 a 7.963 nel 2016 fino a 7.608 nel 2017, rappresentando il 7,8% dei ricoveri avvenuti negli Spdc.
Le risorse insufficienti del Fondo Sanitario Nazionale destinate alla salute
mentale
Il costo totale dell'assistenza psichiatrica nel 2017 è stato pari a 3.954.097
euro, equivalente al 3,6% della somma complessiva del Fondo Sanitario Nazionale 2017 per il Livelli Essenziali di Assistenza (108,949 mld). I Presidenti delle Regioni fin dal 2001 si erano
impegnati a destinare la quota del 5% dei fondi sanitari regionali per le attività di promozione e di tutela della salute mentale. Pertanto per la tutela della salute mentale in Italia
mancherebbe circa 1 mld e mezzo (1.493 mln).
I dati mancanti su supporto all'abitare, REMS e
carceri
Il Rapporto Salute Mentale rappresenta un prezioso strumento messo a
disposizione dal Ministero della Salute che andrebbe però implementato con un'attività di rilevazione dei progetti di supporto all'abitare, a partire dai numeri degli utenti coinvolti e degli
stessi appartamenti. L'housing, inteso come diritto di cittadinanza, è infatti un ambito fondamentale per lo sviluppo di una salute mentale di tipo comunitario, da conoscere e da implementare.
Andrebbero inoltre inclusi nel rapporto anche i dati relativi alle Residenze per l'Esecuzione delle Misure di Sicurezza (REMS), così come i dati delle Articolazioni per la salute mentale nelle
carceri, entrambe ormai parte integrante dei DSM.
Conclusioni
L'assistenza psichiatrica così come fotografata nel 2017 sembra ancora
abbastanza solida, ma con criticità da affrontare subito, ipotizzando un probabile peggioramento già avvenuto nel 2018.
Si tratta di ripartire dall'aumento del personale, strettamente intrecciato
con il rischio di una nuova neo istituzionalizzazione per assenza di risorse alternative sul territorio. A fronte di più ricoveri e più lunghi nelle strutture residenziali e negli stessi SPDC
andrebbero implementate le aperture dei centri di salute mentale e dei centri diurni, i progetti di supporto all'abitare e alla vita dentro le case e soprattutto fuori, con attività di inclusione
sociale e lavorativa, con un utilizzo flessibile del budget di salute e con la collaborazione della cooperazione sociale, del volontariato e delle stesse associazioni dei
familiari.
Massimo Cozza
Direttore del Dipartimento di Salute Mentale della Asl Roma 2
tratto da quotidianosanità.it
http://www.quotidianosanita.it/studi-e-analisi/articolo.php?articolo_id=75437&fr=n
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