Due persone su tre pensano ancora che la demenza sia conseguenza del normale invecchiamento, il 62% del personale sanitario pensa ancora che la demenza sia
conseguenza del normale invecchiamento e 1 persona su 4 pensa che non si possa fare nulla per prevenire la demenza. Ma non solo 1 persona su 5 attribuisce la demenza a sfortuna; circa il 10% alla
volontà di Dio; il 2% a stregoneria, circa il 50% delle persone con demenza si sente ignorato dal personale sanitario (medici e infermieri) e ogni 3 secondi una persona nel mondo sviluppa una
forma di demenza. Sono queste le risultanze principali del Rapporto Mondiale Alzheimer 2019 intitolato “L’atteggiamento verso la demenza”, presentato in occasione della XXVI Giornata
Mondiale Alzheimer, che illustra i risultati della più vasta indagine mai condotta al mondo sulle convinzioni e i comportamenti diffusi nell'opinione pubblica nei confronti della
malattia di Alzheimer e di tutti gli altri tipi di demenza.
Gli intervistati (persone con demenza, carer, personale medico e pubblico in generale) sono stati 70.000 in 155 Paesi in tutto il mondo, e il sondaggio è stato
tradotto in 30 lingue (la versione italiana è stata redatta e diffusa dalla Federazione Alzheimer Italia).
L’analisi dei dati, effettuata dalla London School of Economics and Political
Science (LSE), rivela nel complesso un’allarmante mancanza di conoscenza a livello globale della demenza: il dato più preoccupante è che due terzi degli intervistati pensa ancora che la demenza
sia conseguenza del normale invecchiamento.
Dall’indagine emerge in sostanza come lo stigma verso la demenza impedisca
alle persone di chiedere informazioni, supporto e assistenza medica che potrebbero migliorare notevolmente la durata e la qualità della vita per quella che è, a livello globale, una delle cause
di morte a più rapida diffusione.
Secondo le previsioni, il numero delle persone con demenza è destinato a più
che triplicare rispetto ai 50 milioni attuali, raggiungendo 152 milioni nel 2050. Sul fronte economico, il costo annuo della demenza supera attualmente i mille miliardi di dollari, cifra
destinata a raddoppiare entro il 2030. La demenza, poi, è la quinta principale causa di morte a livello globale (dato del 2016, mente nel 2000 era la quattordicesima).
In Italia la stima attuale delle persone con demenza è di
1.241.000.
Gabriella Salvini Porro, presidente Federazione Alzheimer Italia: “Dal Rapporto emergono dati a dir poco allarmanti, che
riguardano tutto il mondo, compresa l’Italia e non solo certe zone. Certo, gli atteggiamenti variano a seconda delle fasce regionali, socioeconomiche e culturali, ma è indubbio che alcune
convinzioni errate sulla demenza siano ancora radicate in maniera importante anche nella nostra opinione pubblica. Questa è l’unità di misura dello stigma presente nelle nostre comunità, che
descrive anche la sfida che ci attende nel perseguire la sua lotta.
Pensiamo per esempio al 60% degli intervistati che ritiene corretto non
coinvolgere le persone con demenza: si tratta di discriminazione, in contrasto con il considerarle prima di tutto come persone, con una loro individualità e un loro vissuto costruito lungo una
vita intera, al di là dell’etichetta della diagnosi. Un dato positivo è che almeno il 50% degli intervistati sia convinto che lo stile di vita possa influire sulla riduzione del rischio di
sviluppare una forma di demenza: dobbiamo agire su tutti i fronti - sociale, assistenziale, medico - per aumentare questa percentuale”.
Il Rapporto sottolinea quali siano le barriere principali alla ricerca di
aiuto, consigli e assistenza: il 48% degli intervistati è convinto che la memoria di una persona con demenza non migliorerà mai, neppure con interventi medici; mentre 1 su 4 pensa che non si
possa fare nulla per prevenire la demenza.
Paola Barbarino, Amministratore Delegato di ADI: “Lo stigma è il più grande limite alla possibilità delle persone di
migliorare sensibilmente il loro modo di convivere con la demenza. A livello individuale, lo stigma può minare gli obiettivi esistenziali e ridurre la partecipazione ad attività sociali,
peggiorando il benessere e la qualità della vita. A livello di società, lo stigma strutturale e la discriminazione possono influire sull’entità dei fondi da stanziare per la cura e l’assistenza.
Auspichiamo che i risultati ottenuti da questa ricerca possano dare il via a una riforma e a un cambiamento globale positivo”.
Dal Rapporto emerge inoltre come circa il 50% delle persone con demenza
intervistate si senta ignorata dal personale sanitario (medici e infermieri), mentre il 33% degli intervistati pensa che, se soffrisse di demenza, il personale medico non gli darebbe
ascolto.
Un dato interessante è che il 95% dei partecipanti ritiene che potrebbe
sviluppare una demenza nel corso della sua vita e più di due terzi delle persone (69,3%) si sottoporrebbero a un test genetico per conoscere il loro rischio di sviluppare una demenza (anche se
finora non esiste un trattamento in grado di modificare il decorso della malattia). Ciò significa che il timore di soffrire di demenza è diffuso a livello globale, ma la malattia è ancora
scarsamente compresa.
20 settembre
2019
tratto da quotidianosanità.it
http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=77051&fr=n
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