DA collana180@studiosandrinelli.com
09/05/2020 - 06:03
Dalla prefazione di Massimo Cirri
Alberto Fragomeni ci porta dentro gli apparati delle psichiatrie. Ci è stato a lungo, li ha abitati per talmente tanto tempo da averli
potuti osservare quasi con distacco.
Ci racconta di come la psichiatria – essere nella psichiatria, nel reparto materiale dell’ospedale, essere della psichiatria, essere uno di quel reparto
psichiatrico immateriale ma potente dal quale sembra a volte così difficile uscire, essere uno psichiatrico – si intersechi con le faccende della vita e di come camminino laicamente a fianco,
vita e di - mensione psichiatrica. E di come la vita ne viene mutata.
C’è un aspetto in particolare che chiunque, esperto o meno della materia, riconosce alla psichiatria: il fantasma del mistero, dell’enigmatico e dell’incomprensibile, chiamato ‘follia’ o più oggettivamente e scientificamente ‘disturbo mentale’. In entrambi i casi, i significati che nella vita di tutti i giorni queste parole assumono finiscono per coincidere con una sequela di luoghi comuni e stranezze che il libro, con distacco e disincanto, riesce a raccontare, non cadendo mai nella pedanteria di chi ha esperienza di quel che sta raccontando. Alberto Fragomeni da più di dieci anni attraversa i luoghi della salute mentale nella sua città.
Questo testo rappresenta ancora una volta, nel quadro sorprendente della ripresa e guarigione delle persone con una storia di
disturbo mentale, la testimonianza della possibilità, sperando e rivendicando un futuro diverso, anche attraverso la scrittura. L’esercizio letterario, ormai da un po’ di anni a questa parte, si
è palesato come esplicitazione di esperienze e vissuti intimi e interiori un tempo perfino innominabili. Il tabù della malattia mentale incontra, con questi testi, una neutralizzazione
progressiva e ascendente, alla stregua di qualsiasi altro tema oggetto di narrazione e trattazione letteraria.
La fluidità e la scorrevolezza delle sue parole, ironiche e spontaneamente autoironiche, forniscono un affresco chiaro e puntuale di come gira il mondo “da quelle parti”, dove la giornata è
scandita dall’assunzione del farmaco, dal desiderio di una sigaretta, dagli odori e le immagini degli ambienti, dalle relazioni timorose e timide con i medici e gli altri degenti, dove insomma il
più banale gesto della quotidianità viene vivisezionato, analizzato e considerato nell’ottica del dubbio e della preoccupazione di non riuscire mai a raggiungere la sponda della normalità.
L’impressione che si ricava è una messa a fuoco schietta e a tratti perfino comica dei luoghi comuni che gravitano intorno
all’immaginario della follia, del gioco dei ruoli, dei gesti inaspettati dell’altro, delle parole della cura, del sapere dei medici e della gente di fuori. È un catalogo di fatti e situazioni,
dettagli inutili, che, senza giri di parole e perifrasi, l’autore racconta così bene da mettere il lettore nella condizione d’immedesimarsi facilmente, di comprendere intuitivamente, le
chiacchiere e i vaniloqui annidati in questo copione.
“io sono borderline, e tu?”
“schizoaffettiva.”
“sei mai stata in spdc?”
“sì.”
“e ti hanno legata?”
“no.”
“a me sì…”
esiste una retorica della malattia mentale.
e i primi a cascarci sono i pazienti psichiatrici stessi […]
Tratto da
http://www.edizionialphabeta.it/it/Book/dettagli-inutili/978-88-7223-267-5
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