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9/7/2020 – 17:36
Torniamo infatti a parlare di TSO (Trattamento Sanitario Obbligatorio); questa volta però la discussione non riguarda l’ambito psichiatrico ma quello sanitario, in particolare la lotta contro il Covid-19.
Il governatore Zaia e i sindaci, nella persona di Antonio Decaro, (presidente dell’Anci e sindaco di Bari), affermano di voler ricorrere al TSO come “strumento molto utile per tenere sotto controllo l’epidemia”, contro “i possibili diffusori che violino le norme di quarantena”, o che non vogliano curarsi se ammalate di Covid.
È un tema molto delicato, perché da una parte la legge italiana sostiene il diritto delle persone di scegliere se curarsi o meno; esiste inoltre già una norma che punisce chi diffonde consapevolmente una malattia; dall’altra parte, Decaro afferma che è giusto che sia dato ai sindaci, che per legge devono firmare i TSO, il potere di disporre velocemente di un trattamento sanitario obbligatorio per costringere alla cura chi è positivo con sintomi, ma non vuole curarsi. Di conseguenza il ministro alla Sanità Speranza ha incaricato il suo ufficio di studiare la questione e verificare come rispondere a questa richiesta.
Psicoradio offre agli ascoltatori una panoramica di pareri: il nostro redattore Claudio sostiene che quando sta male il TSO sarebbe “la mazzata finale”, e che invece ha bisogno di sostegno, ascolto, colloquio. Daniela De Robert, del collegio del Garante nazionale delle persone private di libertà, distingue il TSO con privazione della libertà, come quello effettuato in psichiatria, e invece un trattamento sanitario obbligatorio che non priva della libertà, come sono le vaccinazioni obbligatorie, e ipotizza che si possa trovare una modalità di trattamento obbligatorio ma non coercitivo, magari aumentando le multe e applicando contravvenzioni che finiscono sulla fedina penale. Giuseppe Deleo, medico legale e consigliere dell’Ordine dei medici di Milano sostiene invece che esiste già uno strumento più appropriato, il reato di “diffusione di malattie infettive”, l’art.438 del codice penale, che prevede la contenzione e l’arresto da 1 a 5 anni.
Un’amica di Psicoradio, Annalisa, ci dice che dei molti TSO subiti ricorda soprattutto “l’umiliazione e la vergogna che restano dopo”. Anche Gisella Trincas, presidente dell’UNASAM - che raccoglie le associazioni italiane di familiari e utenti della salute mentale – è decisamente contraria al ricorso al TSO: se dovesse essere autorizzato per chi rifiuta la quarantena, “se dovesse accadere una simile mostruosità – scrive - non esiterei a firmare una denuncia collettiva per attentato alle libertà costituzionali” dato che esistono già strumenti più idonei per affrontare casi simili.
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