DA quotidianosanita@qsedizioni.it
2/9/2020 22:13
(Reuters Health) – Le visite “da remoto” effettuate da counselor volontari possono migliorare la
depressione negli anziani costretti in casa, anche se non sono efficaci quanto le sedute con medici specializzati. Questa evidenza emerge da uno studio condotto dalla Steve Hicks School of Social Work dell’Università del Texas di Austin.
“I counselor volontari possono fare un ottimo lavoro nel servire le popolazioni svantaggiate, come appunto gli anziani costretti
in casa”, sottolinea l’autrice principale dello studio, Namkee Choi.
Lo studio
I ricercatori hanno reclutato 277 pazienti con un’età media di 67,5 anni. La maggior parte dei partecipanti (193, 69,7%) era di
sesso femminile.
Dei 277 partecipanti, 90 sono stati assegnati a caso a ricevere una terapia di attivazione comportamentale in video conferenza (tele-BA), 93 sono stati randomizzati al “problem solving” in video conferenza (tele-PST) e 94 sono stati assegnati a un gruppo di controllo dell’attenzione (AC), che ha ricevuto telefonate di supporto. I partecipanti nei bracci attivi dello studio hanno ricevuto un’ora di seduta in telemedicina a settimana per cinque settimane, mentre il gruppo di controllo ha ricevuto una telefonata di 30-45 minuti a settimana per cinque settimane.
I counselor volontari hanno ricevuto 50 ore di training prima dell’inizio dello studio. Il training è consistito in una formazione sulle basi della depressione
geriatrica, sulle capacità di intervista, su come offrire la terapia di attivazione comportamentale e su come affrontare potenziali rischi di suicidio.
L’outcome principale per i due gruppi attivi era una riduzione pari o superiore al 50% dei punteggi Hamilton Depression Rating Scores.Tutti i partecipanti erano depressi da almeno due anni e alcuni presentavano depressione persistente da 20 anni.
Al follow-up di 12 anni, i partecipanti al problem solving in video-conferenza presentavano il tasso di risposta più elevato, 51,8%, seguiti da quelli assegnati terapia di attivazione
comportamentale al 32,1%, e dal 12% del gruppo di controllo che aveva ricevuto le telefonate.
“Questo studio arriva al momento giusto”, commenta Susan Lehmann, professoressa associata e direttrice del reparto di psichiatria geriatrica e neuropsichiatria
presso la Johns Hopkins University School of Medicine di Baltimora, “perché siamo nel bel mezzo della pandemia e la maggior parte delle cure di salute mentale non ospedaliere vengono fornite
attraverso la telemedicina”.
Linda Carroll
Fonte: JAMA
Network Open
(Versione Italiana Quotidiano Sanità/Popular Science)
Tratto
da:
http://www.quotidianosanita.it/scienza-e-farmaci/articolo.php?articolo_id=87609&fr=n
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