DA info@nicolettacinotti.net
In un villaggio, lontano nello spazio e nel tempo, viveva una donna che ogni giorno doveva trasportare due grandi secchi d’acqua, ciascuno agganciato alle due estremità di un palo che portava sulle spalle.
Uno dei due secchi era perfetto e sempre riusciva ad arrivare pieno di acqua alla fine del lungo percorso dal fiume a casa,
mentre l’altro aveva delle fessure ed arrivava solo mezzo pieno.
Per due anni andò avanti così, con la donna che arrivava a casa con solo un secchio e mezzo di acqua. Certo, il secchio perfetto era orgoglioso di assolvere pienamente al compito per cui era
stato creato.
Ma il povero secchio rotto si vergognava delle proprie imperfezioni sentendosi sbagliato ed un giorno al fiume parlò alla donna:”Perché non mi getti via? In questi ultimi due anni sono stato capace di portare solo la metà del mio carico, a causa delle fessure che causano una perdita d’acqua lungo tutta la strada. Per colpa delle mie perdite, tu devi fare tutto questo lavoro e non riesci ad avere il massimo risultato dai tuoi sforzi” disse il secchio.
La donna si dispiacque per il vecchio secchio rotto e con gentilezza disse:”Quando saremo sulla strada del ritorno voglio mostrarti qualcosa di speciale.”
Mentre risalivano il fianco della collina, il vecchio secchio notò il sole riscaldare dei bellissimi fiori sul suo lato del sentiero. La donna disse al secchio: “Hai visto dove erano fiori? Solo sul tuo lato del sentiero, da molto tempo io sapevo delle tue fessure ed ho piantato dei semi che ogni giorno tu hai annaffiato mentre tornavamo dal fiume, Se tu non fossi stato proprio nel modo in cui sei, la bellezza dei fiori non avrebbe potuto alleviare la mia fatica.”
Ciascuno di noi ha le sue mancanze e le sue perdite, che ci ricordano costantemente la nostra vulnerabilità.
Siamo tutti secchi rotti. Gli errori, le paure, i fallimenti, sono però ferite che hanno il potenziale di renderci persone più sensibili. Di farci immaginare e rispettare la vulnerabilità degli altri.
Ciò che ci sembra un limite è in realtà una dote preziosa, che va preservata perchè riconoscere che siamo vulnerabili ci
avvicina alle persone, nutre la nostra gentilezza.
Infatti non sappiamo mai quali battaglie l’altro stia combattendo, di sicuro ognuno di noi è seduto su un barile di polvere da sparo e , se ne fossimo consapevoli, di certo saremmo più
gentili.
Ma spesso non riuscendo a contattare e ad accettare la nostra vulnerabilità ci comportiamo come se anche gli altri fossero invulnerabili e non ci prendiamo cura delle conseguenze di parole o gesti che possono ferire più di una spada.
Per fortuna altre volte il senso di umanità condivisa prevale e ci accorgiamo che ogni pensiero o atto gentile è contagioso e si moltiplica perciò è importante ricordare che “Non è facile esserci, c’è bisogno di esercizio per esserci con stabilità, chiarezza e compassione.E il mondo ne ha bisogno. Il mondo ha bisogno della nostra stabilità, della nostra libertà, della nostra chiarezza e della nostra compassione” (Thich Nhat Hanh, 2002, pag 123).
Dall’intervento di ©Paola Mamone a “Gentilezza ovunque. Anche nel silenzio“
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