Requiem per Narbona*
Meglio sarebbe stato se,
allontanatosi l’ultimo abitante,
per un attimo si fosse distratta
Rocha dla Préza, formidabile difesa,
ed avesse lasciato passare
la più colossale valanga
immaginata da queste montagne.
Una coltre immensa e immacolata
t'avrebbe ricoperta e sepolta, intatta,
ogni cosa esattamente al suo posto,
come a Pompei fece la lava.
Compattandosi e indurendosi
la neve avrebbe affrontato per te
il sole e il caldo di sessanta estati
e occultandoti t’avrebbe risparmiato
l’umiliazione dei ripetuti saccheggi
che t’hanno spogliata di tutto,
l’agonia del lento disfarsi,
lo schianto dei colmi possenti,
la desolazione delle scomposte rovine,
l’amaro tramutarsi in pietraia informe.
Oggi che i ghiacci del mondo, malati,
si ritirano corrosi dal cancro moderno,
disciolto lo scudo della vecchia valanga,
saresti riapparsa al mondo,
integra e ardita come in passato,
gli oggetti di casa già pronti all’uso
le porte aperte su stalle, cucine e fienili,
e forse, uomini e donne dal cuore nuovo,
pure antico, sarebbero lentamente tornati,
per abitarti ancora e renderti viva.
Flavio Menardi Noguera
Tratta da:
Flavio Menardi Noguera, Il romanzo di Narbona, Nerosubianco, Cuneo, 2020, pag. 7
* Narbona è (o meglio era) una borgata di Castelmagno, abitata sino alla fine degli anni cinquanta del XX secolo.
Scrivi commento