“Vittime”, “untori”, mai soggetti di diritto: i minori (raccontati) nella pandemia
LE PAROLE DEL 2020. Con la pandemia, i bambini e gli adolescenti sono diventati invisibili. E non sono mai stati presi in considerazione nelle decisioni che li riguardavano. Arianna Saulini, coordinatrice del Gruppo Crc, e Stefano Laffi, ricercatore sociale, raccontano com’è cambiata la rappresentazione delle giovani generazioni, dal Fridays for Future a oggi
DA nl@redattoresociale.it
di Alice Facchini e Ambra Notari
“In inglese si usa sempre e solo ‘child’. In Italia si parla di fanciulli, giovani, ragazzi, minori. Come gruppo ci siamo interrogati per una scelta univoca così, da un paio di anni, parliamo di ‘persone di età minore’, per mettere l’accento sul loro essere persone, soggetti di diritto. Esattamente quello che è stato dimenticato in questo 2020”. Arianna Saulini è la coordinatrice del Gruppo di lavoro per la Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza (Gruppo Crc), network attualmente composto da 100 soggetti del Terzo Settore che dal 2000 si occupano della promozione e tutela dei diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, coordinato da Save the Children Italia.
“Soprattutto nella prima parte dell’anno, i bambini e le bambine sono diventati invisibili – denuncia –. Nei decreti di questa primavera non venivano considerati, anche il linguaggio denunciava un forte arretramento culturale: le persone di minore età non sono state pensate come soggetti di diritto, diritto anche alla partecipazione e all’ascolto. Le istituzioni sollevavano il problema di conciliare attività lavorativa e gestione dei figli, ma non si poneva l’accento sul diritto all’istruzione che, con le scuole chiuse, andava inevitabilmente perso. Poi si è parlato di come affrontare la gestione dei figli di genitori separati, ma mai dal punto di vista dei più piccoli. Ancora, i bambini e i ragazzi sono stati gli ‘untori’ dei nonni e della popolazione anziana. Fino al voucher babysitter, che ancora una volta non prendeva in considerazione il vero problema: dove era finito il rispetto dei diritti dei minori? Il diritto allo studio, alla socialità, all’aria aperta”.
Agli adolescenti non è andata meglio. “In occasione della presentazione dell’11° Rapporto di aggiornamento sul monitoraggio della Convenzione sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza in Italia di metà novembre abbiamo organizzato la Children’s week. È nostra abitudine, infatti, lasciare che siano i ragazzi a raccontarsi”. Saulini parla di ragazzi propositivi, “sul pezzo”: “Tutti i giovani coinvolti ci hanno spiegato, piccati, che non si riconoscevano per nulla nella descrizione che di loro veniva fatta, quella di essere tutti untori, interessati solo alla movida, superficiali ed egoisti. Si tratta di un problema annoso: l’adolescenza, purtroppo, è sempre vista in forma mediata e mai propositiva. Certo l’adolescenza è un’età di problemi e disagi, ma non si esaurisce lì, c’è tanto altro”.
Il problema che solleva Saulini è chiaro: la tutela dell’infanzia e dell’adolescenza non ancora prevede una risposta organica, ma sempre e solo frammentata: “Ministero del Lavoro, della Famiglia, del Lavoro, dell’Istruzione devono ragionare insieme, non per compartimenti stagni. Le stesse task force non riescono a garantire una visione d’insieme”. In estate, spiega, ci si è finalmente resi conto che le persone di minore età avevano dei bisogni. Perché i diritti sono stati compressi per tutti, ma per loro la socialità, lo stare all’aria aperta, il gioco, hanno un peso diverso. “L’apertura dei centri estivi, per molti, ha significato una nuova consapevolezza nell’accettare le regole anti-contagio, che magari tra le mura domestiche erano state percepite in maniera diversa; per altri è stato il momento in cui, finalmente, far fuoriuscire le emozioni negative vissute in lockdown. Ma, finita l’estate, si è ricominciato a parlare di scuola come fonte di contagio, oppure legata al problema del trasporto pubblico. Ancora una volta si trascura il cuore della questione: il rischio di abbandono scolastico soprattutto per i ragazzi più fragili”.
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