DARE VOCE AGLI UDITORI DI VOCI! (Psicoradio)

Daniele ha iniziato a sentire le voci quando aveva 12 anni, dopo che la mamma è venuta a mancare. All'inizio erano voci cattive, di ragazze che gli dicevano di uccidere. Poi le cose sono cambiate molto. Oggi Daniele Natali è il presidente dell'Associazione di promozione sociale “Rete italiana Noi e le Voci”.

 

 

DA psicoradio@gmail.com

 

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Quando si parla di “sentire le voci”, ci si riferisce a qualcuno che sente (e a volte anche vede o percepisce) qualcosa che altri attorno a lui/lei non sentono/vedono/percepiscono. Le voci possono essere amichevoli o minacciose, possono diventare interlocutrici con cui dialogare, o invece parlare di continuo, disturbando e rendendo difficile se non impossibile dedicare attenzione ad altre cose. 

Una premessa importante: mentre per la psichiatria tradizionale occidentale, sentire le voci è considerato una allucinazione, il segno di una perdita di contatto con la realtà, un episodio psicotico, la "Rete italiana Noi e le voci" considera “l'udire le voci” come una “esperienza umana” e non come un sintomo di una grave malattia mentale.  

Qualche tempo fa la “Rete italiana Noi e le Voci” aveva chiesto a Psicoradio di poter fare nei nostri studi, a Bologna, la loro assemblea per eleggere il presidente. Ed è stato eletto Daniele Natali, che avevamo già conosciuto. Potevamo quindi non intervistarlo?

Daniele racconta che la gente spesso lo considera “un matto”. Anche con suo padre non è stato facile: “Non è stato facile dire certe cose a mio padre, cose di cui mi vergognavo”. Per questo si ritiene fortunato ad aver trovato una grande famiglia nel Centro di Salute Mentale. Con il tempo Daniele e suo padre sono riusciti ad andati avanti, "l’importante è farlo insieme ad altri, non soli, e crederci”. 


Dopo aver iniziato un percorso di “affrontamento delle voci” con una psicologa e con una psichiatra, Daniele è entrato a far parte del gruppo di uditori di voci. Poco a poco le voci sono diventate sempre meno cattive. “Già al secondo mese le sentivo meno arrabbiate e anche io ero meno arrabbiato”, ci racconta.


La musica è stata molto importante: con quella poteva “convocare” le voci: “Pian piano mi son reso conto che venivano in me... ascoltavo musica circa 4-5 ore al giorno". All'inizio le voci erano cattive perché lui stesso si odiava, per non aver potuto passare più tempo con la madre. Per questo, dice, “volevo uccidere. Perché volevo morire io e non mia madre”. Daniele ha continuato ad ascoltare musica come metodo per far fronte alle voci, e spiega così come siano diventate voci buone:  “Secondo me le voci che sento adesso son quelle di mia madre”. Per Daniele la madre “è scesa dal cielo sotto forma di voci e visioni”, per aiutarlo. “Devo dire la verità, con loro sto meglio che con una persona vivente, e sono molto felice”. 


In definitiva, il consiglio di Daniele per chi sente le voci è di ascoltare ciò che si ha dentro e soprattutto di iniziare un percorso nei gruppi di auto-mutuo-aiuto, fondamentali per andare avanti “perché ci si confronta fra tutti e tutti insieme ci si dà la grande forza”.

 

 

 

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Roberto Baravalle è nato a Cuneo nel 1948. È stato insegnante e si è occupato a lungo di arti figurative. Autore di numerosi testi critici e di vari racconti, ha scritto tre romanzi: Sold Out, Rusconi, 1990, Anni Strappati, Daniela Piazza, 2002 e Nero di Spagna, Nerosubianco, 2006. Nel 2005 è uscito con il Touring Club Italiano il reportage ¡Olé! Spagna d'oggi fra modernità e tradizione. Nel 2008, con Nerosubianco, ha pubblicato l’antologia Esercizi di memoria. Nel 2011, per Il Saggiatore, ha tradotto e curato un volume dal titolo Il volo oscuro del tempo che raccoglie un’ampia selezione delle memorie dell’editore poeta Carlos Barral.

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