Ho visitato la sezione psichiatrica del carcere di Torino: spero che ciò che ho visto non si ripeta mai più
articolo segnalato da Monica (Momo) Zatti
Ultimi aggiornamenti sul reparto Sestante del Carcere di Torino
Il reparto psichiatrico del carcere di Torino chiuderà: ne sono felice. Ma non fermiamoci qui
Coordinatrice associazione Antigone
23 NOVEMBRE 2021
Il mio racconto di alcuni giorni fa su quanto ho visto nel reparto psichiatrico “Sestante” del carcere di Torino ha smosso una grande attenzione e molte reazioni. Tra queste, quella del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria che sta in queste ore chiudendo la sezione. Ovviamente ne siamo felici.
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COM’ERA LA SITUAZIONE NEL REPARTO PSICHIATRICO
….Ho visitato insieme a un mio collega il carcere per adulti di Torino. Di carceri ne ho viste
tante in vita mia, in Italia e anche all’estero, ma raramente mi era capitato di assistere a quanto ho avuto modo di vedere nel capoluogo piemontese.
Vi è una sezione, chiamata Sestante, che funge da articolazione psichiatrica dell’istituto. Mi auguro che qualche giornalista legga quello che sto per raccontare e che in tanti decidano di andare là dentro a vedere. Che pretendano di portare con sé le videocamere per mostrare a tutti cosa accade in quelle quattro mura. Mi auguro che tutti noi ci indigniamo in massa e pretendiamo che queste cose non succedano mai più, che quel reparto venga chiuso immediatamente: non domani, non tra una settimana, non tra mese. Ci hanno detto che stanno per fare dei lavori di ristrutturazione. Non basta. Sono anni che Antigone, anche attraverso i suoi Rapporti annuali, denuncia le condizioni di vita interne, ma nulla è cambiato.
Al Sestante si trovano circa venti celle, dieci su ogni lato del corridoio. In ciascuna è reclusa una singola persona detenuta. La cella è piccola, sporca, quasi completamente vuota. Al centro vi è un letto in metallo scrostato e attaccato al pavimento con i chiodi. Sopra è buttato un materasso fetido, a volte con qualche coperta e a volte no. Qualcuno, ma non tutti, ha un piccolo cuscino di gommapiuma. Non vi è una sedia né un tavolino. Solo un piccolo cilindro che sembra di pietra dove ci si può sedere in posizione scomodissima. L’intera giornata viene trascorsa chiusi là dentro, senza nulla da fare e nessuno con cui parlare. Unico altro arredo, un orrendo bagno alla turca posizionato vicino alle sbarre, di fronte agli occhi di chiunque passi per il corridoio.
Noi ci siamo passati. Abbiamo dovuto insistere un po’ affinché ci aprissero il cancello della sezione. Ci siamo passati, per quel corridoio, e abbiamo guardato dentro ciascuna di quelle stanze detentive. Ognuna teneva dentro un essere umano. Ma certamente trattato in maniera contraria a quel senso di umanità che la nostra Costituzione chiede alle pene legittime. Alcuni erano solo dei mucchietti di stracci buttati immobili sulla branda. In una cella vi era un uomo sdraiato al buio sul pavimento. Nessuno lo tirava su di là. In un’altra vi era un ragazzo che stava in piedi con la faccia a pochi centimetri dal muro. Non si è girato al nostro passaggio. Teneva i palmi delle mani rivolti verso l’altro, all’altezza delle spalle. Parlava verso quella parete, ogni tanto si girava verso il letto, poi tornava a rivolgere la faccia al muro e………………………
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Coordinatrice associazione Antigone
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