DA varieventuali@rossetorri.it
15/1/2022 14:50
di Simonetta Valenti
In un’intervista a La Repubblica dello scorso primo gennaio il Direttore delle Carceri Italiane Bernardo Petralia, fino a marzo 2020 magistrato antimafia, ricorda: “Quando vinsi il concorso in magistratura, mio suocero penalista mi disse che per ogni toga sarebbe utile vivere per qualche settimana la vita del carcere. Adesso capisco fino in fondo quelle parole”.
Una affermazione che potrebbe far ben sperare, insieme alla sua convinzione ferma dell’importanza del lavoro come occasione preziosa per i detenuti (“15.827 detenuti, cioè il 30% dei 54mila presenti, lavora. E riesce anche a cambiare vita“). E così scopriamo che a Rebibbia sono i detenuti a gestire il call center dell’Ospedale Bambin Gesù di Roma, E che dal carcere di Lecce e da Rebibbia femminile escono, rigenerati e come nuovi i modem della Linkem. E sono i detenuti a occuparsi della bonifica del parco Rogoredo di Milano e della pulizia dei giardini e delle coste dell’isola di Favignana.
Allora un altro carcere è possibile? E da chi dipende la concretizzazione di questa speranza? Quali sono i soggetti in grado di avviare una sinergia, da fuori a dentro e viceversa per dare a chi è in carcere il più possibile una parvenza di “vita“?
Ce ne sarebbe bisogno, di poter sperare, se poi si allarga lo sguardo alla situazione generale delle carceri italiane.
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Tratto da: https://www.rossetorri.it/un-altro-carcere-e-possibile-pero-e-necessario-volerlo/
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