LAVORO IN VIGNA COME CURA PER GIOVANI FRAGILI progetto cuneese premiato a Copenhagen
Informazione segnalata da
Filippo Manti,
Presidente di MenteInPace
e da
Laura Conforti,
psicologa, responsabile settore organizzazioni positive Eclectica+ Torino
Lo scorso mese di settembre ha preso avvio il progetto dal titolo “Il progetto Vineyard: esperire e narrare cura, temporalità e trasformazione attraverso la pratica della viticoltura”, ideato da Andrea Barbieri, psichiatra e responsabile dei Centri Diurni di Cuneo e Dronero, e da Eleonora Rossero, dottore di ricerca in Sociologia, ricercatrice presso Eclectica+, promosso dal Dipartimento di Salute Mentale dell’Asl CN1.
“Si tratta di un progetto pilota - spiega il dottor Barbieri - che coinvolge adolescenti e giovani adulti che manifestano differenti forme di disagio mentale, nelle pratiche locali di cura della vigna e raccolta manuale dell'uva. Le dimensioni della cura, della temporalità e della trasformazione sono le pietre miliari su cui poggia il progetto. Esse si mostrano con particolare eloquenza nelle pratiche che interessano la vigna, sia relativamente alla viticoltura, che è cura dell’ambiente vitivinicolo e del suo ciclico mutamento, e sia rispetto alla vinificazione, che è processo, attesa e trasformazione”.
Caratteristiche che consentono di proporre la caratterizzazione della vigna come possibile paesaggio terapeutico (therapeutic landscape) per coloro che presentano diverse forme di vulnerabilità, bassa autostima, sentimenti di inutilità e mancanza di motivazione o di orientamento al futuro. Un contesto può infatti favorire l’accesso a risorse sociali (opportunità di creare legami e occasioni di interazione), materiali (opportunità di creazione, produzione e condivisione di qualcosa di concreto) e affettive (promozione di emozioni positive, contenimento del senso di isolamento, solitudine o inadeguatezza), qualificandosi come enabling place (luogo facilitante/abilitante). Queste caratteristiche non sono intrinseche di un luogo, ma derivano da processi che vi attribuiscono un potere terapeutico; i servizi di salute mentale possono farsi promotori di programmi che supportino l’individuazione e coltivazione di luoghi abilitanti: in questo caso, la vigna.
Il progetto si articola attraverso quattro fasi: immersione (attività di raccolta dell’uva, accanto a lavoratori della vigna esperti, come occasione per divenire testimoni e partecipi della relazione tra l’uomo e la vite; l’esperienza si traduce in un paesaggio terapeutico della mente, un luogo psichico strutturato attorno ai contenuti emotivi e sensoriali dell’esperienza); racconto (l’esperienza vissuta, raccontata attraverso interviste guidate che descrivono il paesaggio interiore, diventa testimonianza e consente al narratore di mettersi in relazione con altri); seconda immersione (le interviste audio-registrate vengono trasferite agli studenti del Liceo artistico e del Liceo classico a curvatura biomedica di Alba, chiamati a un esercizio di immaginazione ed empatia che li sottrae all’immagine visiva esponendoli solo all’ascolto; essi daranno vita a etichette che rappresentino le narrazioni a cui si ispirano e a testi scritti sul tema della cura, dell’ascolto e dell’empatia nella relazione terapeutica); rimettere in circolo (le etichette e le produzioni scritte verranno presentate alla cittadinanza in un evento conclusivo che dia spazio a voci inusuali sul vino come prodotto culturale; le etichette saranno applicate su alcune bottiglie, vendute attraverso un’asta pubblica per finanziare opportunità formative, una riedizione o estensione del progetto).
L’iniziativa prevede la collaborazione di una pluralità di soggetti, fra i quali: Ceretto Aziende Vitivinicole (fase 1 e 4), gli istituti scolastici Liceo Artistico “Pinot Gallizio” e Liceo Classico “Govone” a curvatura biomedica (fase 3), Eclectica+ Ricerca e Formazione (fase 2 e attività di ricerca e monitoraggio del progetto), Società Cooperativa Sociale Proposta 80 (a supporto della fase 1 insieme agli operatori dell’ASL CN1).
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