A partire dai meriti della riforma Basaglia il confronto sui problemi di un settore alle prese con personale e risorse economiche insufficienti. Ma oltre a essere curati è fondamentale essere amati.
di Paolo Guiducci
articolo segnalato da Filippo Manti
Presidente di MenteInPace
sulla chat di whatsapp di MenteInPace
21/08/2024 - 23:12
Secondo Norberto Bobbio, la legge 180 che nel 1978 impose la chiusura dei manicomi e istituì i servizi mentali pubblici, è stata l’unica vera riforma compiuta dallo Stato italiano. Una provocazione, forse, quella del grande giurista, ma è indubbio che quella “rivoluzione” restituì cittadinanza a migliaia di persone che ne erano state totalmente private. Riconoscimento della dignità della persona, condivisione e apertura furono tre elementi di quella rivoluzione. Ma oggi, nell’Italia il cui 15% della popolazione soffre nel corso dell’anno di disagi psichici, cosa è rimasto di quell’evento rivoluzionario? E come ci si può rapportare di fronte alla sofferenza mentale e al disagio psichico?
«L’esperienza della sofferenza necessita di qualcuno che condivida. Sono necessari servizi basati sulla comunità, non solo servizi clinici ma reti che permettano alle persone di vivere una vita
dignitosa».
Devora Kestel, direttrice del dipartimento di Salute mentale e abuso di sostanze all’Oms di Ginevra, non ha dubbi: «occorre riconoscere e valorizzare la salute mentale, gli ambienti vanno
trasformati, riducendo i rischi e aumentando di contro le opportunità» ma è fondamentale proseguire sulla strada del cambiamento intrapresa con la legge 180, contrastando come comunità la
violazione dei diritti umani.
La Kestel lo ha ribadito nel corso dell’incontro “Disagio mentale e compassione” che il Meeting di Rimini ha indetto a 100 anni dalla nascita dello psichiatra e neurologo Franco Basaglia che
della legge 180 fu artefice. «L’Italia continua ad essere un caso unico nel campo della salute mentale pubblica, - fa notare Fabrizio Starace,
presidente Società Italiana di Epidemiologia Psichiatrica – perché in altri Paesi continuano a sopravvivere concentrazioni pubbliche di persone con sofferenza mentale e disagio psichico».
Comunità, prossimità e assistenza domiciliare sono parole che 40 anni fa suonavano “strano” mentre oggi sono le colonne portanti della riforma dell’assistenza domiciliare. Lo “sguardo” italiano
sul disagio mentale continua ad essere originale. Ma non senza contraddizioni, di natura culturale, economica ed umana, come ad esempio il blocco delle assunzioni che i vari governi ripropongono
dal 2010. I 31.000 addetti di allora oggi sono diminuiti di un migliaio di unità, ma – attacca Starace – a fronte di un’utenza che è quasi triplicata. «È necessario incrementare il 3,5% di
finanziamento destinato alla salute mentale»: nei Paesi del G7 questa quota sfiora il 10%. Secondo le stime dell’Ocse, il costo dei problemi diretti e indiretti “causati” dalla salute mentale è
pari al 4% del Pil, «in Italia investiamo appena un ventesimo di quel che ci costa».
«Basaglia accompagnò l’innovativo pensiero teorico con la messa in pratica delle sue idee» ha ricordato a Rimini Michele Zanetti, già presidente della Provincia di Trieste e promotore, proprio insieme a Basaglia, della legge 180. Un esempio? Il malato più grave del manicomio di Trieste era un uomo legato al letto che riusciva con le sole dita ad estrarre le molle del materasso e ad ingoiarle, rendendo necessario il ricovero. «Dopo la cura Basaglia, divenne il responsabile del bar interno dell’ospedale».
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Tratto da:
https://www.avvenire.it/attualita/pagine/il-disagio-mentale-si-combatte-anche-con-la-compassione
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