Per chi non lavora in Ospedale può apparire assurdo o addirittura scandaloso che vengano legati al letto i malati. Eppure, ad un’analisi più attenta, ciò risponde ad esigenze di tutela dell’incolumità del paziente. In una Sala Operatoria, in Rianimazione, in degenze intensive è normale, onde evitare che inavvertitamente (per agitazione, movimenti errati o altro) ci si possa sfilare un ago cannula, un sondino od un drenaggio e compromettere seriamente la guarigione. Pure con malati anziani e/o confusi vi è la consuetudine (a volte giustificata dalla carenza di personale più che da necessità assistenziali) di usare le contenzioni meccaniche per evitare cadute accidentali dovute a confusione o a sedazioni farmacologiche non ben tollerate. Anche nei reparti psichiatrici si usano le contenzioni meccaniche; ma non in tutti i reparti. Già questo è un dato che lascia perplessi. Se da una parte tanti psichiatri affermano l’impossibilità di non legare i malati agitati, ovviamente in casi estremi e come extrema ratio, dall’altra esistono reparti dove le contenzioni non vengono usate e non si ha la cultura di risolvere le difficoltà di gestione dei pazienti legandoli al letto e sedandoli. Questi reparti hanno costituito da dieci anni un Club (Club “SPDC1 no restraint” e cioè senza costrizioni) che ha una pagina facebook:
https://www.facebook.com/associazioneclubSPDCnorestraint/?fref=ts
Sarebbe interessante che gli incontri nazionali, che i reparti senza contenzioni organizzano, fossero aperti ai reparti che invece le utilizzano ed anzi invitassero dirigenti ed operatori ad un confronto. Certo ciò richiederebbe una dose di umiltà e di disponibilità a mettersi in discussione, da entrambe le parti. Ma, essendo la legge di riforma psichiatrica n. 180 del 1978 ancora vigente, la cultura a cui devono uniformarsi i reparti psichiatrici è quella, come recita l’art.1, comma 2, del “rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione”. La Costituzione italiana prevede, all’art. 13, comma 2, che “non è ammessa forma alcuna di (…) restrizione della libertà personale, se non per atto motivato dell’autorità giudiziaria e nei soli casi e modi previsti dalla legge. (…). Al comma 4 dello stesso articolo “è punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà”. Inoltre il Codice Penale, all’art. 571 recita che ”chiunque abusa di mezzi di contenzione o di disciplina in danno di una persona sottoposta alla sua autorità, o a lui affidata per ragioni di educazione, cura o vigilanza, ovvero per l’esercizio di una professione, è punibile, se dal fatto deriva il pericolo di una malattia nel corpo o nella mente.” Sempre lo stesso Codice Penale prevede, all’art.40 comma 2 sul rapporto di causalità, che “non impedire un evento che si ha il dovere di impedire, equivale a cagionarlo”. Il Codice di Deontologia Medica, all’art.15 prevede che “i trattamenti che comportino una diminuzione della resistenza psico-fisica del malato possono essere attuati, previo accertamento delle necessità terapeutiche, e solo al fine di procurare un concreto beneficio clinico al malato o di alleviarne le sofferenze”.
Appare quindi chiaro che ogni costrizione fisica deve essere adottata come estremo atto sanitario, motivato, volto ad evitare danni a sé ed agli altri e deve essere opportunamente segnalato sulla documentazione clinica in modo circostanziato e cioè che denoti una monitorizzazione del paziente contenuto. Mi auguro che non succeda che non si sappia quanti pazienti si contengono in un reparto in un anno, per quanto tempo, per quali motivi e con che esiti. Certamente coloro che criticano le contenzioni dovrebbero avere diretta esperienza di cosa vuol dire assistere i malati in un SPDC. Purtroppo, come giustamente afferma lo psichiatra Stefano Egidi, Direttore del SPDC di Merano (dove non si utilizzano le contenzioni) “il SPDC rischia di diventare…un piccolo manicomio, il “doppiofondo” in cui il territorio scarica le situazioni difficilmente gestibili”2. Eppure, come sottolineano Pietro Sangiorgio e Cinzia Sarlatto3, “l'eliminazione della contenzione meccanica, nella gestione dei pazienti psichiatrici, ha costituito un obiettivo e un indicatore di qualità della psichiatria”4. Anche perché si è avuta una notevole evoluzione nel ruolo dei SPDC. Come affermano Giuseppe Ducci e Gian Marco Polselli5 il ruolo dei reparti ospedalieri “un tempo era collegato con il fallimento del trattamento territoriale e oggi rappresenta invece il luogo della gestione e dell’elaborazione della crisi psichiatrica, l’agenzia di innovazione terapeutica per sperimentare nuovi approcci clinici e nuovi modelli gestionali, lo strumento di informazione e promozione del consenso dei pazienti, lo snodo del sistema di cura community based”6. Non a caso gli Autori prevedono, oltre all’audit clinico (audit: valutazione obiettiva di soddisfazione di linee guida) un audit civico in cui si valuti la “corrispondenza tra bisogni di utenti e stakeholders7 e le prestazioni erogate dal servizio”8. Utopie si dirà. Non direi; forse si tratta di un modo di lavorare serio e scientificamente adeguato alle nuove esigenze, fra cui non ultima quella della relazione umana e (perciò) professionale con il malato psichiatrico e con il suo ambiente socio-lavorativo. Se è vero che nei reparti la relazione è messa a dura prova per l’acuzie della malattia è verosimile che se si vuole abbassare l’aggressività occorra essere professionalmente empatici ed accoglienti anche se fermi nel fare rispettare le regole di un contesto ospedaliero. Non è sufficiente prescrivere una terapia efficace (anche se ciò è determinante e conseguente ad una corretta diagnosi, non sempre facile perché non si possono fare le radiografie ai deliri) perché per praticarla occorre convincere il malato della sua necessità; e per fare ciò occorre avere instaurato un minimo di relazione.
Concludendo: se proprio è necessario legare un malato ricordiamoci sempre che è una persona, affidata alle nostre cure e di cui siamo responsabili. La contenzione va fatta sempre con empatia, comprensione, compassione9. Questo non vuol dire che non ci possano essere momenti di tensione, ma ciò non toglie la relazione empatica. Ricordandoci che se in alcuni SPDC si riesce a non contenere allora è possibile farlo, volendo impostare i servizi psichiatrici in tal senso.
Gianfranco Conforti
Note
1 – SPDC è la sigla che indica i reparti psichiatrici ospedalieri detti anche Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura;
2 - Stefano Egidi, Psichiatria no-restraint, l’esperienza di Merano, in Nuova Rassegna di Studi Psichiatrici, vol. 9, 16 Giugno 2014, pag. http://www.usl7.toscana.it/index.php/nrsp/numeri-precedenti/vol-9-16-giugno-2014 ;
3 – Pietro Sangiorgio è psichiatra del Dipartimento di Salute Mentale. Frascati (Roma), come Direttore del SPDC dell’Ospedale S. Sebastiano mentre Cinzia Sarlatto è psichiatra della Clinica Psichiatrica, Università degli Studi di Roma "La Sapienza";
4 - Pietro Sangiorgio e Cinzia Sarlatto, La contenzione fisica nei Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura
dell'area metropolitana di Roma, http://www.psychomedia.it/pm/instither/spdc/sangiorgio.htm;
5 – Giuseppe Ducci è psichiatra nel SPDC dell’Ospedale “San Filippo Neri” di Roma; Gian Marco Polselli è psichiatra nel SPDC del “Policlinico Umberto I”, Università “La Sapienza” di Roma;
6 – Ducci, G, Polselli, G. M., SPDC del Lazio: aspetti istituzionali ed epidemiologici, in (a cura di) Sparvoli, Marco, Di Massimo, Santina, La psicologia nella crisi psichiatrica, Editrice Alpes, Roma, 2008, pag.4;
7 – Con il termine stakeholder si indica un portatore di interesse. In questo caso potrebbe essere un familiare di paziente psichiatrico, un associazione di familiari, di volontari,ecc.;
8 – Ducci, G, Polselli, G. M., op. cit., pag. 5;
9 – Il termine compassione sembra inadatto a comportamenti sanitari, vuoi medici o assistenziali. Pare legato all’affettività mentre invece vi sono approcci innovativi, focalizzati sulla compassione, che ampliano il concetto di empatia. Si veda Gilbert, Paul, La terapia focalizzata sulla compassione, Franco Angeli, Milano, 2012.
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Laura (venerdì, 11 maggio 2018 01:10)
Se si imbottiscono di calmanti i pazienti per evitare che si agitano e si staccano i fili.. beh non mi sembra un alternativa migliore della contenzione meccanica. Questa non nuoce al malato, come invece fanno quei farmaci tipo il valium che si adoperano in questi casi, che riducono la respirazione e certi tipi portano anche all arresto cardiaco in alcuni soggetti. Quindi, dare farmaci che mettono ko una persona non equivale a privarla della liberta? Bisogna poi riflettere.. perche la liberta che si dice di ledere in realta si tratta di impedire a queste persone, che non si rendono conto, di staccarsi flebo, strapparsi cateteri con distruzione dell'uretra, togliersi la maschera dell ossigeno andando cosi in ipossia. Cerchiamo di ragionare, almeno noi.
renz (giovedì, 24 maggio 2018 04:22)
pogi
Antonio (lunedì, 04 giugno 2018 20:08)
Mio padre , gli legarono le mani, perche si toglieva la mascherina dell ossigeno, mori nella notte. Si puo legare un uomo di 77 anni?
Antonio (lunedì, 04 giugno 2018 20:12)
Voglio sapere se per legge si puo legare un anziano di 77 anni , in medicina d urgenza, perche si toglieva la mascherina dell ossigeno?
Gianfranco Conforti (venerdì, 08 giugno 2018 20:21)
Sarebbe opportuno rivolgersi ad un legale per accertare non tanto la liceità della contenzione fisica quanto le cause della morte. La contenzione fisica può essere attuata qualora il non farla possa arrecare conseguenze negative per l'incolumità del paziente. Come ho scritto "lo stesso Codice Penale prevede, all’art.40 comma 2 sul rapporto di causalità, che “non impedire un evento che si ha il dovere di impedire, equivale a cagionarlo”.
Claudio (domenica, 06 gennaio 2019 12:13)
Prima di parlare bisogna provare e trovarsi in situazioni estreme come sto provando io io sono d'accordo con la costrizione
Leda (lunedì, 14 ottobre 2019 00:16)
Salve, ho un caro cugino in rianimazione da tre mesi a seguito di un'ischemia.
E' legato ai polsi ed alle caviglie da tre mesi. I medici mi hanno detto che devono farlo perchè potrebbe staccarsi i fili ed i tubi collegati alla trachea. Dopo alcuni giorni di rianimazione hanno indicato in cartella clinica: disturbo da accumulo e sindrome paranoide. La sua salute fisica è ancora cagionevole al punto che non possono farlo uscire dalla rianimazione ed inviarlo ad altri reparti. L?hanno sedato moltissimo per moltissimo tempo. Adesso appena si agita, lo sedano ulteriormente. Trovo tutto ciò estremamente cruente. Ho chiesto conto ad una dottoressa, che mi ha setto che lo psichiatra, dopo averlo visto la prima volta, impartisce per telefono la terapia da seguire sulla base dei report che i medici della rianimazione gli fanno. A me pare una cosa folle tutto ciò. Mi sbaglio? Cosa posso fare per aiutare mio cugino a non essere cosi contenuto? Grazie per la risposta che potrete darmi. Leda
Gianfranco Conforti (mercoledì, 16 ottobre 2019 09:07)
Cara Signora Leda,
ai commenti al blog non si può rispondere direttamente. Occorre che Lei metta la sua mail. Comunque sia nei reparti di Rianimazione, per quanto ne so io (ho lavorato per 44 anni in ospedale come infermiere, 3 anni di corso, 21 in chirurgia e 20 in psichiatria), è usuale contenere i pazienti vista la criticità delle loro condizioni e la tecnologia a cui sono collegati che ha la funzione di tenerli in vita. Per questo è indispensabile che non vengano compiuti atti che possano contrastare la loro funzione riabilitativa danneggiandoli. La invito pertanto a mettere la Sua mail ed eventualmente rivolgersi all'Ufficio Relazioni con il Pubblico (URP). Con l'occasione Le porgo distinti saluti.
Gianfranco Conforti, responsabile del sito www.menteinpace.it
Leda (mercoledì, 23 ottobre 2019 15:45)
Grazie mille Sig. Gianfranco Conforti!
Mi scuso se non ho seguito la prassi della vs testata...rimedio subito.
La mia mail è: leda.zoffoli@gmail.com
La ringrazio per le precisazioni che già mi ha dato da qui.Il mio interrogativo nasceva dal riconoscimento del limite di necessità a rispetto a quello di abuso della contenzione.
Grazie ancora.
Leda
Sharon (domenica, 07 giugno 2020 10:53)
Una collaboratrice domestica, che fa solo due ore al giorno, ha l'autorità di legare un anziano a letto?
Mery (lunedì, 14 giugno 2021 23:27)
Mia mamma 86anni fasciato mani povera Perché si togliere sondino mi si spezza il cuore
Nella (sabato, 26 giugno 2021 03:56)
Mio padre affetto da bcpo,mai stato incontinente ecc,adesso sotto ossigeno, ha allucinazioni legato,messo pannolone catetere, praticamente immobilizzato, non può neppure arrivare bottiglia acqua, mi sento una assassina io
Nella (sabato, 26 giugno 2021 22:03)
Se avessi solo minimamente pensato che mio padre, sarebbe stato legato ad un letto perché pensava di non avere catetere e pannolone mai messi, ed aver pensato di andare in bagno, non avrei mandato mio padre in ospedale, sarebbe morto senza soffrire
Veronica (giovedì, 04 maggio 2023 08:30)
Mio padre soffriva di insufficienza renale, a questa si è aggiunta insufficienza cardiaca ma non era ancora stato mandato in dialisi..
È stato ricoverato ed è morto dopo una settimana, non l'abbiamo mai potuto vedere se non da morto...
Veniva sedato perché non si faceva curare, si staccava anche il catetere...
I medici dicevano che era una situazione "normale" per un anziano...
Per me di normale non c'è nulla, conoscendo mio padre.
Non ci può pace... Ai tempi del covid la gente è rimasta sola negli ospedali e moriva da sola!!!...
Ernestina (mercoledì, 02 agosto 2023 18:37)
Nelle RSA fanno firmare una liberatoria ai parenti dove si chiede che i pazienti affetti da demenza senile possono essere legati?
Andrea Puecher, Presidente Associazione "Il Cerchio - Fareassieme" Trento (domenica, 06 agosto 2023 18:31)
Ritengo che la richiesta di una liberatoria sia ipocrita e non dovuta. La valutazione di ricorrere, in casi estremi, alla contenzione è "tecnica" e rimessa agli operatori che se ne assumono la responsabilità.
Richiedere una autorizzazione ai parenti generale e fuori contesto specifico mi sembra un tentativo di deresponabilizzazione che porterebbe soltanto ad un incremento dell'uso della contenzione con "maggiore libertà".
Il problema è però più politico che giuridico perché sicuramente non devo dare l'autorizzazione ma, discutibilmente, la Rsa può richiederla.
Katy (venerdì, 11 agosto 2023 14:18)
Nella maggior parte dei casi; legano la povera gente solo per non controllare e quindi lavorare meno praticamente per il benessere solo dell’ infermiere …da denuncia ! Non date il consenso e se non ve lo chiedono assicuratevi che non usano questa pratica molto pericolosa soprattutto per la psiche del paziente al posto di aiutarlo lo spaventano e lo maltrattano . Tutelare i vostri cari con cuore ed intelligenza mi raccomando
Gianfranco (sabato, 12 agosto 2023 09:47)
Grazie Katy del tuo invito ad assistere i propri cari ricoverati nelle RSA o in Ospedale. Ciò è importante sia per non farli sentire soli e sia per tutelarli da soprusi e violenze. Purtroppo l'etica professionale (che tanti operatori hanno ancora, per carità) spesso è una fatica che non viene riconosciuta e di questi tempi sembra solo una chimera.
domenicangelo (domenica, 10 marzo 2024 00:47)
Mia moglie è stata legata ai polsi, non le davano assistenza,le avevano staccato il campanello, ho trovato infermieri del tutto disgraziati, sono stato minacciato da un infermiere perche andavo a trovare mia moglie dietro consenso della dott.ssa che se non uscivo immediatamente avrebbe chiamato le famose forse dell'ordine, dopo 30 giorni di medicina è entrata in rianimazione, dopo 15 giorni è morta, aveva 65 anni, il tutto per merito di quei disgraziati che l'anno operata, curata e medicata, cateteri del 3 invece del 5, ha avuto una infezione e il seguito con altre patologie, vediamo se i responsabili omicidi escono fuori, sono certo di nò, si coprono le spalle uno con l'altro, era meglio uno stracciaroli, forse era più umano e forse anche competente, e poi vorrei sapere perche i nostri cari quando entrano in ospedale noi non sappiamo più nulla, visita di circa una ora al massimo, non esistono più nottate a pagamento, cosa è che noi parenti non dobbiamo vedere, sapere o capire, dobbiamo essere tutti dei PAPI per avere assistenza ? Pe lui preghiamo, per i9 nostri cari invece ci disperiamo, che schifo, che vergogna. ne avrei altre da dire, sicuramente ai MAGISTRATI.