Dopo la pandemia, le ripercussioni sulla vita dei più giovani si sono fatte sentire. Relazioni sociali rarefatte, abbandono scolastico, vita parallela in universi virtuali sono segnali inequivocabili di un disorientamento più o meno generalizzato in cui prevale la sensazione di non sentirsi mai al posto giusto, il timore di essere giudicati, la difficoltà di esprimersi. A ciò si aggiungono la paura generata dagli scenari di guerra e l'eco-ansia, una forma di stress e di preoccupazione legata alla crisi ecologica, comune soprattutto tra le persone di giovanissima età.
Per questo al Salone del volontariato dello scorso 5 giugno abbiamo chiesto ai giovani visitatori di esprimere in poche parole - quelle che può contenere un post-it - che cos'è per loro il disagio psichico. Il livello di consapevolezza appare alto, così come la necessità di chiedere aiuto. Passi importanti, che fanno ben sperare e indicano la necessità di sostenere i ragazzi, nelle scuole, nei loro processi di crescita e di organizzare in tempi brevi, nei servizi sociali e sanitari, un approccio multidimensionale alle situazioni problematiche in strutture accoglienti, non emarginanti.
Marì Alberione e Mario Silvestro
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