d'istanti
me nel passato, me nel futuro
camminava il giorno 23.
Eri un film ispirato ad una storia vera.
Una frangetta, un paio di calze e due mani nude che scavavano a fondo.
Una fuga a piedi, basse frequenze, il teatro dell’assurdo, una fantasia beige, il nulla.
La paura di non trovare le parole, stringere forte la matita.
Da quei dieci minuti in bianco e nero, sola, dentro l’immagine dell’esistenza tagliata dalle eliche dell’elisoccorso, passasti cinque mesi alla ricerca della vita.
Ti tappavi le orecchie ogni volta che ne passava uno e volevi trasmetterla quella voglia di vivere che avevi sentito, ma non sapevi come. Ma ci pensò qualcosa.
Se la legge che tiene unito l’universo intero, ti chiedevi, non sia piena espressione di quella legge che governa anche noi, proprio come ogni stella, ogni particella. Se la materia oscura fosse questo, l’insieme di tutto un ardore di vita e la morte che viene, a equilibrare ogni era, dentro una frenata.
Se potessi raccontarti come iniziano le cose ti direi che un po’ lo sentivamo tutti. Iniziano quando stiamo dentro le cose, fuori di noi. Quando dovevamo fermarci ma non riuscivamo. Abbiamo inquinato la terra, nascosto le polveri sotto il tappeto del mare, disboscato alberi per farci spazio e siamo noi a tossire adesso, di nascosto, come le fabbriche nel turno di notte, siamo noi ad avere problemi di respirazione, proprio come l’Amazzonia.
Non abbiamo teso la mano ma abbiamo puntato il dito al sudore salato seccato dal vento, siamo noi ora, immigrati del cosmo, siamo noi di fronte al male, noi di fronte a noi stessi.
Trasformarlo, sopportarlo che dal latino significa portare sotto, accoglierlo e sostenerlo, s.o.s.tenerlo. Dovremmo provare con l’amore.
Ci pensò un’inversione, una rivoluzione a U, la u di umani.
Creavi mille elenchi di cose da fare, dormivi tanto, in orari a caso, guardavi il cielo, ti lavavi meglio le mani, cucinavi i pancakes, tu e qualche compagno vi fermavate dopo la video lezione di fisica a raccontarla questa storia, ditevelo che vi mancate, e sentivi un movimento che stiracchiava le distanze e vi allungava un po’ oltre lo schermo, sottolineavi frasi seduta sul ciliegio del cortile, scorrevate infinite liste di film cercando quello che metteva d’accordo tutti e cinque, andavi a correre prima di colazione, scrivevi messaggi, correvi e quando prendi la strada sbagliata balla, ti guardavi allo specchio e poi ti facevi mille foto, ti annoiavi, pensavi a cosa mettere nella capsula del tempo ma poi decidesti di sotterrarla a fine quarantena, osservavi.
Che è già tutto dentro di noi, insito nella natura delle cose.
E’ tutto in un cerchio su un foglio bianco.
Giulia Bonavia
Studentessa liceale di Cuneo
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