LETTERA AI RAGAZZI DEL SUD (Franco Arminio)

cari ragazzi,

 

abitate da poco una terra antica, dipinta con le tibie di albe greche, col sangue di chi è morto in Russia, in Albania.

Avete dentro il sangue il freddo delle navi che andavano in America,

le grigie mattine svizzere dentro le baracche.

Prima il mondo filava le sue ore lentamente e ogni scena era per tanti, tutti insieme nel pochissimo bene che c’era e nel male che 

aveva il suono sotto le coppole e le mantelle nere.

Era la terra dei cafoni e dei galantuomini, era il sud dell’osso, era un uovo, un pugno di farina, un pezzo di lardo.

Ora è una scena dissanguata, ora ognuno è fabbro della sua solitudine e per stare in compagnia si è costretti a bere, a divagare nel nulla, a tenersi lontani dal cuore.

È uno stare che non contesta niente, ma è senza pace, senza convinzione.

Ora non vi può convincere nessuno. Dovete camminare nel mistero di questa epoca frivola e dannata, in questa terra che muore e che guarisce, dovete stare nelle crepe che si sono aperte tra una strada e l’altra, tra 

una faccia e l’altra, tra una mano e l’altra.

Tutto è spaccato, squarciato, separato. Sentiamo l’indifferenza degli altri e l’inimicizia di noi stessi.

È una scena che non si muta in un solo giorno, ma è importante sollevare lo sguardo, allungarlo: la rivoluzione del guardare.

Uscite, contestate il vomito invecchiato su una mattonella a cui si è ridotta la politica. 

Contestate con durezza i ladri del vostro futuro: sono qui e a Milano e a Francoforte, guardateli bene e fategli sentire il vostro disprezzo. 

Siate dolci con i deboli, feroci coi potenti.

Uscite e ammirate i vostri paesaggi, prendetevi le albe, non solo il far tardi.

Avvolgete con strisce di luci le ombre in cui dimorano i vostri nonni.

Vivere è un mestiere difficile a tutte le età, ma voi siete in un punto del mondo in cui il dolore più facilmente si fa arte: e allora suonate, cantate, scrivete, fotografate. 

Non lo fate per darvi arie creative, fatelo perché siete la prua del mondo: davanti a voi non c’è nessuno. 

Il sud italiano è un inganno e un prodigio. Lasciate gli inganni ai mestieranti della vita piccola. Pensate che la vita è colossale. 

Siate i ragazzi e le ragazze del prodigio.

 

Tratto da: https://casadellapaesologia.org/2014/04/10/lettera-ai-ragazzi-del-sud/

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Roberto Baravalle è nato a Cuneo nel 1948. È stato insegnante e si è occupato a lungo di arti figurative. Autore di numerosi testi critici e di vari racconti, ha scritto tre romanzi: Sold Out, Rusconi, 1990, Anni Strappati, Daniela Piazza, 2002 e Nero di Spagna, Nerosubianco, 2006. Nel 2005 è uscito con il Touring Club Italiano il reportage ¡Olé! Spagna d'oggi fra modernità e tradizione. Nel 2008, con Nerosubianco, ha pubblicato l’antologia Esercizi di memoria. Nel 2011, per Il Saggiatore, ha tradotto e curato un volume dal titolo Il volo oscuro del tempo che raccoglie un’ampia selezione delle memorie dell’editore poeta Carlos Barral.

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