MIKY O MICKY, TUTTO L’ AMORE DEL MONDO (Anna Maria Pacilli)

Per una volta non so da dove iniziare. Miky come lo chiamavo io o Micky come è scritto sul suo libretto veterinario, è stato presente per un bel pezzo della mia vita. 19 anni compiuti ad Aprile ed il timore ogni giorno di tornare a casa e di trovarlo morto o, peggio, di vederlo soffrire. Ma inizierò il racconto da quando mi scelse lui, 19 anni fa: faceva parte di una cucciolata abruzzese di due maschi ed una femmina. Non desideravo una femmina, perché non mi interessava avere cuccioli, volevo una compagnia per me. Non che in Abruzzo fossi sola, avevo tanti amici, ma avere per amico un cane è avere un amico per sempre. Lui mi scelse quando, piccolissimo, lo misi sul palmo della mano e mi leccò il naso, cosa che non fecero gli altri due. Tre ranocchietti che sembravano muoversi sulla pancia e non avevano ancora imparato ad usare le zampine. Ero felice, mi aveva voluto. E da lì non ci siamo più separati, se non per brevissimi periodi. Quando, ricordo, lo portai la prima volta da mamma e papà in Puglia, lui scelse papà, saltando sulla copertina che gli copriva le gambe, sulla sedia a rotelle. Poi si avvicinò a mamma, quando capì che era la cuoca di casa. Una volta mangiò un piatto di tagliatelle enorme e poi dormì per un giorno intero. Miky aveva un bel caratterino, come ogni pinscher. Ben presto cominciò ad attaccare i cani più grossi, provocandoli. Fa sorridere, ma davvero lì affrontava con tenacia. Una volta a Chieti dovetti prenderlo di corsa in braccio, perchè un cane mastino lasciato libero e senza museruola si stava avventando su di lui. Io ero spaventata a morte, lui per niente. In braccio a me si sentiva al sicuro. In quel periodo tornavo spesso a casa dai miei, la vicinanza Abruzzo -Puglia me lo permetteva. E, se tornavo in autobus, lui era la mascotte di tutti, passando da un abbraccio ad un altro. Poi fu la volta di andare a lavorare a Cuneo e lui sempre con me. Anzi, qualche mese prima, alla morte di mio padre lui era sempre lì, a San Severo, davanti al suo studio, come se lì fosse il suo posto, e ci passava delle ore, aspettando, inutilmente di vederlo arrivare. A Chieti avevo due camere da letto e lui la sua. A Cuneo condividevo la casa con una collega e lui dormiva con me. Sotto le lenzuola, aderente al mio corpo, mi svegliava al mattino con la solita leccatina sul viso. Miky è stato quasi sempre da solo, abituato da piccolissimo, gli lasciavo i suoi giochi e lui me li faceva ritrovare a terra la sera come fanno i bambini piccoli. Non gli ho dedicato neppure la metà del tempo che lui ha dedicato a me. Miky è stato per me un figlio, un compagno di viaggio, un amico. Ha condiviso con me i sorrisi, le gioie, ma anche i pianti. Se piangevo, lui sembrava imitarmi nei singhiozzi e mi saltava in grembo a leccarmi le lacrime. Miky ha avuto molti veterinari, nei miei trasferimenti per l’ Italia, ma ne voglio ricordare uno in particolare, glielo devo: è il dott Pellegrino di Cuneo, collega dotato di molta pazienza, oltre che un ottimo professionista, ed amorevole come sa essere chi ama davvero il suo lavoro. Lo conobbe circa 5 anni fa, o forse un po’ di più, ma sapeva come prenderlo, perchè nonostante l’ età già avanzata, Miky continuava ad essere agguerrito e non risparmiava certo tentativi di azzannamenti a nessuno. Il veterinario lo ha preso in cura già malato, Miky aveva i calcoli alla vescica, ma da quando lo ha seguito lui più nessun problema. Ebbe qualche anno fa un adenoma testicolare e il dottore lo operò con successo. Aveva un soffio cardiaco, ma lui gli diede un farmaco che lo teneva sotto controllo. Lo aiutò, poi, con un altro farmaco per il circolo cerebrale.

Miky fu il vero protagonista nel giorno del mio matrimonio. Ovviamente non in chiesa ( che poi non ho mai capito perché gli animali non possano entrare in chiesa), ma per il resto della cerimonia lui fu sempre con me. Si era anche affezionato a Paolo, nonostante avesse intuito che era quello che gli avrebbe rubato il posto nel letto. E Paolo a lui. Durante le mie assenze per congressi, lavoro od altro, lo ha sempre accudito benissimo. Miky ha assistito anche alla fine del mio matrimonio, con le litigate furiose pressoché inevitabili che ci sono all’ inizio, ed alle quali partecipava, urlando anche lui. Non potevo capire le parti di chi dei due prendesse, o, semplicemente, gli dava fastidio sentire urlare. Miky non sopportava il suono del citofono ed ad ogni postino malcapitato era destinato il suo abbaiare. Io non sarei quella che sono, se non ci fosse stato Miky nella mia vita. I cani insegnano l’ amore incondizionato, l’ amore che non chiede di essere ricambiato. E ne sono esempio i cani abbandonati da padroni ingrati, perché se li rivedono, gli corrono incontro felici. Miky invecchiava ma io non volevo vedere il suo pelo imbiancarsi. Dovevo arrendermi all’ evidenza solo quando mettevo a confronto le foto vecchie con quelle più nuove. Miky, sono certa, si fosse affezionato anche al mio nuovo compagno, sebbene l’ abbia conosciuto già molto anziano, perchè gli andava spesso vicino. Miky è stato il primo e, sono certa, sarà anche l’ unico cane della mia vita. Glielo devo, nella sua unicità. Ci sono amori che non ammettono repliche. Lui, se all’ inizio era stato preso perché egoisticamente ero sola a casa e lui mi aspettava con gioia, poi è diventato un compagno insostituibile, quasi un figlio, un fratello. E certi affetti devono rimanere unici. Miky ha scelto di aspettarmi per morire, mi ha permesso di fare ancora qualche giorno al mare e stava bene, assumeva diligentemente i farmaci, si alimentava regolarmente. Negli ultimi mesi, vedendo che faceva fatica a sgranocchiare le crocchette, gli davo pane ed omogeneizzati e lui mangiava tutto, nonostante in alcuni momenti facesse fatica con le sue zampine a raggiungere le ciotole. Allora io lo prendevo per la pettorina e ce lo portavo vicino, ma in realtà mi accorgevo che, durante la mia assenza, lui le raggiungeva da solo. La sera in cui stette male, il 17 agosto, ero andata a fare la spesa in un supermercato dove non andavo di solito e non riuscii a trovare gli omogeneizzati. Pensai che ne aveva ancora uno per cena e avrei potuto acquistarli l’ indomani. Ma non ce ne è stato bisogno. Quella sera apro la porta di casa e lo trovo riverso a terra, urlacchiante, credo, perché provava a rialzarsi ma non ci riusciva. Il lato destro del corpo gli cedeva. Pensai ad un ictus. Il veterinario mi diede la disponibilità di vederlo subito, ma io sentivo che si trattava ancora una volta di un regalo che Miky voleva farmi, quello di poter passare ancora qualche ora con lui. Così ho dormito sul divano e lui, accanto, sui suoi cuscini. Ogni tanto andavo a toccarlo per vedere se respirava ancora. Al mattino non potevo aspettare oltre. Se fino ad allora, forse, non aveva sofferto, era giunto il momento di evitare che potesse soffrire. Soffrivo e soffro io, certo, ma non importa. Così l’ ho accompagnato per l’ ultimo saluto. E sono uscita dallo studio del veterinario con il trasportino più leggero ed un macigno sul cuore.

Anna Maria Pacilli

 

Tratto da: https://www.annamariapacilli.it/2020/08/19/miky-o-micky-tutto-l-amore-del-mondo/

 

 

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