LA PSICHIATRIA NON E’ SOTTOMISSIONE - IL VENTALOGO DI SUSANNA N.8

IL VENTALOGO DI SUSANNA N.8               

LA PSICHIATRIA NON E’  SINONIMO DI SOTTOMISSIONE

 

Il medico   che riceve non può limitarsi a prescrivere  farmaci relativi ai sintomi, senza approfondire tutte le fasi che hanno portato li la persona bisognosa di aiuto, confermare una diagnosi e cavarsela così aspettando il prossimo colloquio chiamato “PSICO EDUCAZIONE”, prescrivere i farmaci senza aver prima esternato al paziente le sue impressioni e le sue intenzioni, prendere decisioni senza prima aver  valutato con la “persona diretta interessata” e aver capito o perlomeno cercato di capire  di cosa effettivamente ha bisogno, l’utente  va’ responsabilizzato  e informato  di tutto ciò che verrà fatto, indipendentemente dal fatto che lo chieda o no, se non dovesse essere in grado di capire  spiegarlo alle  persone più vicine sarebbe buona pratica.

Dal momento  invece che si chiedono informazioni è un diritto ottenere risposta  fino ad esaurimento di tutti i dubbi, va’ valutato bene cosa comporta assumere determinati farmaci , spiegare l’intenzione  e i tempi di assunzione,  a cosa servono e soprattutto quali potrebbero essere gli effetti collaterali a lungo termine.

Il consenso informato si firma quando si è stati informati e si ha capito e compreso .

Il DEPOT ( chiamata “la punturina”)  viene  somministrato  come se fosse la panacea  di tutti i mali,  la soluzione “salvavita”, si fa  spesso il paragone  con il cardiopatico o il diabetico,  chi è afflitto da disagio psichico non è né cardiopatico, ne diabetico, anzi è probabile che ci diventi dopo aver assunto determinate cure psichiatriche,  con aumento di peso, compromettendo l’autostima, abbassamento dell’energia e il tono emozionale , per non parlare della sfera sessuale e relazionale.

Accade spesso (da testimonianze) che se una persona si rifiuta di prendere i farmaci in particolare” la punturina” ,(depot) chiede lo scalaggio o la dismissione viene intimidito e minacciato di essere sottoposto a TSO, mostrando che il depot non è come si vuol far credere una copertura medica ma un cordone ombelicale con “mamma psichiatria” che ha il potere  di persuadere, dissuadere e a volte anche ricattare moralmente chi si vuole staccare da questa pratica  cercando altre vie riabilitative,  anche se non da segni di pericolosità per sé stesso o gli altri , evince che più per il paziente è una sicurezza   per lo psichiatra prescrittore.

Non è così per per tutti, alcuni la accettano e ne traggono beneficio psicologico per sé stessi o i familiari, che vedendo scomparire i sintomi è sufficiente per sentirsi  rassicurati.

 

Susanna Brunelli

 

Verona

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