Per conoscere la storia di Matilde continua a leggere qui sotto: è una storia affascinante, commovente e che dà coraggio a chi soffre di disturbi psichici. Da un incubo può nascere la speranza di una vita piena.
29/6/2023 - 13:17 da whatsapp
Mi chiamo Matilde , ho 23 anni e nella mia breve vita ho dovuto affrontare un percorso di Recovery. Un percorso difficile, pieno di inciampi, lacrime e paure, ma anche di successi, traguardi conquistati e sorrisi.
La mia è una storia di rivincita, di una vita che sembrava persa che attraverso il dolore ha iniziato ad avere un significato più profondo.
Come tutte le storie però bisogna iniziare dall’inizio: ricordo di aver passato un’infanzia felice (nonostante tutto). Da piccola ero una bambina molto vivace e gioiosa, mi ricordo le risate, le ginocchia sbucciate, le sere d’estate. Ho sempre creduto di avere una vita normale, ma dentro di me sentivo crescere sempre di più un disagio, mi sentivo diversa da tutti gli altri bambini.
E’ sempre stato complicato per me trovare un ruolo in questa società, sono sempre stata l’ultima, la pecora nera della famiglia, forse perché non ho mai avuto una famiglia normale: sono stata cresciuta dai nonni e da mia madre, mentre mio padre mi ha abbandonato per concedersi una vita piena d’alcool e piaceri vari. Per fortuna i miei nonni mi hanno cresciuta come se fossi loro figlia e non mi hanno mai fatto mancare niente, ma mancava l ‘affetto di un padre, di una figura maschile che mi guidasse. Invece l ‘unica figura presente e sicura è stato mio nonno (che adesso non
c’è più), al quale ero molto legata.
Il nonno mi raccontava che quando sono nata ero poco più di una bottiglia d’acqua e che pesavo solamente un kilo e otto e ogni notte si svegliava molte volte per assicurarsi che io fossi ancora in vita. Mio padre, invece, spariva per lunghi periodi, andava in prigione, si ubriacava e si drogava, ha fatto molto penare mia mamma e anche io ci soffrivo per la situazione, anche se non lo davo a vedere.
Ben presto durante la mia adolescenza i miei familiari notarono che c’era qualcosa che non andava in me, un cambiamento repentino, da chiacchierona com’ero mi trasformai in una tomba, non riuscivo più ad esprimermi e a dire una parola e così si presentò la mia “malattia mentale”: in silenzio. (che importava? Tanto nessuno mi ascoltava!) Ma quel silenzio valeva più di mille parole e mi ritrovai sola, a parlare con me stessa.
Tutte le amicizie, anche quelle più strette si allontanarono dalla mia vita.
A scuola, anche se avevo dimostrato una certa intelligenza andava tutto male, i professori erano contenti perché da un quadrimestre all’altro i miei voti migliorarono molto, ma il rapporto con i compagni era stressante; persi tutta la voglia di socializzare e iniziai a rifugiarmi nello studio. La situazione a scuola tra compagni e voti era talmente opprimente che alla fine esplosi.
Quel giorno, lo ricorderò per tutta la mia vita perché fu il giorno in cui iniziai a manifestare il mio malessere: presi dello scotch e iniziai a scocciarmi intorno alla vita e andai nei corridoi dell’istituto a gridare “mi sono scocciata della scuola”!
Il mio era un puro atto di ribellione e denuncia verso il sistema scolastico: che giudicavo sbagliato e poco inclusivo. La cosa poteva essere anche divertente, una semplice protesta, invece fu vista come un delirio.
In poco tempo mi ritrovai in ospedale mentre cercavano di sedarmi contro la mia volontà, non ero pericolosa! Mi risvegliai su un tavolo di metallo, quello usato per le operazioni: non ebbero nemmeno la premura di adagiarmi su un letto o un divano.
Diagnosi: “schizofrenia affettiva”, diagnosi che non sentivo e non sento mia.
Il primo ricovero fu letteralmente un incubo, non mi ricordo neanche che cosa sia successo nel lasso di tempo in cui sono stata portata dall’ospedale in struttura: macché struttura, era un manicomio vero e proprio, travestito da ospedale psichiatrico.
Gli operatori e psichiatri non mi trattavano come una persona normale, per loro ero solo un altro caso di malattia mentale adolescenziale, senza particolari sentimenti visto che erano annebbiati dai farmaci.
Dio solo sa cosa ho passato là dentro, avevo paura di restare in quel posto per tanto tempo, sapevo che dovevo restare quieta se volevo uscire da quell’inferno in fretta, così feci la buona e dopo poco uscii di là.
Iniziai le prime sedute dallo psichiatra e i primi psicofarmaci.
Intanto mio padre tornato da Napoli mi venne a trovare e la sera morì vicino casa mia a causa di un infarto.
In pochissimo tempo peggiorai tantissimo, caddi in depressione ed ero talmente imbottita di farmaci che sembravo uno zombie, facevo fatica anche ad alzare un dito. Per colpa dei farmaci iniziai anche a prendere peso facilmente fino a diventare obesa.
La cosa più brutta (oltre al lutto) è stata quando mi hanno detto che la mia malattia era cronica, che avrei passato la vita in centri di salute mentale e mi hanno fatto intendere che non avevo futuro. Per tutti non avevo margine di miglioramento.
Mi sentivo come dentro a una boccia per i pesci rossi, vedevo l’esterno, vedevo le stagioni cambiare colore davanti ai miei occhi mentre io restavo ferma dietro quella finestra che affacciava sul mondo, senza poterlo vivere, sognando la vita che avrei potuto avere se non avessi avuto una malattia mentale.
Ma non potevo arrendermi, ormai non avevo nulla da perdere: Così un giorno iniziai a pregare con tutto il cuore, e mentre stavo piangendo sul letto sentii una presenza rassicurante aprirmi il palmo della mano e una voce dolce ma possente mi disse “io sono Dio e ti aiuterò”!
Può darsi sia stata un’allucinazione o che mi sia sognata la scena… ma da quel giorno ebbi una speranza nella mia vita.
Una piccola luce si è accesa nella mia coscienza.
A volte basta solo crederci nelle cose per far sì che si avverino.
Non ricordo esattamente il giorno in cui tutto ha iniziato ad avere senso nella mia vita, forse quando ho abbracciato il dolore e visto tutta la mia sofferenza da fuori.
Ho capito che anche il dolore aveva un senso, ma ci fu un altro momento importante per la mia Recovery che mi diede il coraggio di tornare a vivere per davvero: fu il giorno in cui se ne andò per sempre mio nonno. Lui era il pilastro della mia vita e tutti si aspettavano che io crollassi, ma invece di crollare ho voluto dedicargli il sorriso che ha sempre voluto vedere sul mio volto. Lui non avrebbe mai voluto che io passassi altro tempo della mia vita a piangere, voleva il meglio per me.
Adesso nessuno riesce a togliermi il sorriso, così per lui ho avuto la forza di fare un corso per facilitatori che adesso è il mio lavoro, un lavoro che amo e a cui mi dedico ogni giorno.
La cosa più bella è quando vedo nascere sorrisi su volti segnati dal dolore e quando tutti insieme si riuniscono per parlare, questa per me è la felicità, amare e fare del bene alla persone.
Il corso EX-IN, a Bologna, mi sta rafforzando sempre di più l’idea che alla fine la mia vita tanto brutta non è… che posso fare qualcosa di buono per il mondo anche io.
Ho pensato di rimanere intrappolata nella malattia per sempre e invece ho trovato la libertà!
La mia famiglia si sta riprendendo dal lutto del nonno, e adesso siamo tutti più uniti, ho trovato nuove amicizie, sane, che conoscono la mia storia e le mie difficoltà e mi accettano così come sono.
Ho davvero conosciuto delle persone stupende e sono molto grata per questo. Grazie anche al mio cane Malì, adesso non c’è un giorno in cui mi sento sola. Adesso devo solo pensare a dimagrire e a prendermi cura di me stessa. Il futuro sembra radioso.
PROGETTO EX – IN: RECOVERY (Susanna Brunelli) – Forum per il ben-essere psichico (menteinpace.it)
Tratto da: https://mad-in-italy.com/2023/06/la-recovery-di-matilde/
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