ALLA FONDAZIONE FERRERO PER UNA PSICHIATRIA ACCOGLIENTE

 

L’incontro, svoltosi mercoledì 6 settembre presso l’Auditorium della “Fondazione Ferrero” ad Alba, dal titolo Dal fareassieme alla Recovery: responsabilità e partecipazione nei sistemi di salute mentale ha ottenuto una grande partecipazione di pubblico. Organizzato dall’Associazione DiAPsi (Difesa Ammalati Psichici) di Alba-Bra, insieme ad un altro incontro svoltosi il giorno precedente ed incentrato sui Gruppi di Auto-Mutuo-Aiuto, ha visto la partecipazione di numerosi relatori qualificati in campo sanitario e socio-assistenziale.

 

L'incontro è stato moderato da Roberto Fiori, giornalista de La Stampa.

 

Dopo l'intervento di Laura Marinaro, direttore sanitario dell’AslCn2, ha portato il suo contributo la dott.ssa Franca Rinaldi, Direttore del Dipartimento di Salute Mentale Alba e Bra, ricordando come il ruolo della psichiatria sia incentrato sulla relazione e non solamente sulla terapia farmacologica.

Marco Bertoluzzo (direttore del Consorzio Socio-Assistenziale Alba‑Langhe‑Roero), affrontando l’ottica dei Servizi Sociali ha sottolineato quanto si stiano indebolendo le reti primarie nell’affrontare la solitudine. Cresce sempre di più l’individualismo, la richiesta della tutela dei “propri” diritti senza un approccio solidaristico e collettivo. È sempre più forte un clima di rabbia, di frustrazione, di chiusura.

I successivi interventi di Davide Tedesco, della Cooperativa “Progetto Emmaus” e dello psichiatra Piero Prandi, referente scientifico del Progetto LA VALIGIA DI ARLO hanno sottolineato l’importanza del Progetto che ha dato l’avvio ad un nuovo approccio nei confronti della salute mentale, oltre che realizzare una rete di collaborazioni fra realtà diverse.

 

Dopo questi brevi interventi, che hanno dimostrato il cammino percorso sino ad ora nella realtà albese e la volontà di continuare con nuovi progetti, è stata la volta di Renzo De Stefani, già responsabile dei Servizi di Salute Mentale di Trento e referente nazionale del movimento “Le Parole Ritrovate”. Tale movimento (presente a livello nazionale) porta avanti un approccio, per quanto riguarda la salute mentale, basato sul Fareassieme fra operatori, utenti e familiari in rapporto paritario fra loro. Un approccio che punta alla Recovery, neologismo che indica la ripresa in mano della propria vita da parte di chi ha una malattia mentale.

L’intervento dello psichiatra trentino è iniziato illustrando la situazione attuale per quanto riguarda i servizi di salute mentale. È un approccio prevalentemente bio-medico, dove le situazioni socio-familiari degli utenti sono tenute poco in considerazione. Occorrerebbe invece un approccio maggiormente accogliente per quanto riguarda le richieste dei familiari e degli utenti, puntando al loro coinvolgimento e responsabilizzazione. Ciò perché la psichiatria si deve basare, secondo quest’ottica, non solo sul sapere di tipo professionale ma anche, e parimenti, sul sapere che deriva dall’esperienza del disagio mentale vissuto in prima persona o da un familiare. Con il coinvolgimento, a pieno titolo, dei familiari e degli utenti nella gestione dei servizi di salute mentale si ottiene un cambio radicale di percezione del proprio ruolo. Da una condizione di sudditanza si passa ad una di collaborazione, per cui i servizi non vengono più percepiti come qualcosa di estraneo (di cui si ha bisogno e che spesso si “subisce”) ma come una realtà a cui si appartiene. I familiari e gli utenti potrebbero così, a buon diritto, dire il “nostro” Dipartimento di Salute Mentale.

Perché un utente riesca ad andare verso la sua Recovery occorre che si abbia fiducia nel cambiamento. Occorre, in sostanza, abbandonare il più possibile la concezione della malattia psichiatrica come condizione cronica, come una condanna a vita.

Perché così non è. Senza facili ottimismi, consci che il dolore che provoca la malattia mentale è a volte atroce, sia per chi lo prova che per chi vive insieme, occorre affrontarla come una realtà da cui si può uscire. Con “fiducia e speranza”, le due parole chiave del movimento “Le Parole Ritrovate” e, più in generale, di una psichiatria al passo con i tempi.  

 

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Commenti: 4
  • #1

    Teresa Nicolini (giovedì, 07 settembre 2023 09:05)

    Concordo e applaudo il metodo del fare assieme . Spero venga applicato .

  • #2

    Nicola Testa (giovedì, 07 settembre 2023 12:49)

    Belle parole. Ma sembrano espressione di un sogno irrealizzabile .

  • #3

    Donatella (giovedì, 07 settembre 2023 13:33)

    Assolutamente d'accordo con tutto, ci dovrebbe essere sempre più collaborazione tra utente servizi e famigliari. Solo così si potrà riuscire ad ottenere migliori risultati. Questo soprattutto all inizio. Ho visto che dopo con i farmaci pian piano la fiducia si perde, è si resta in stallo. Clinicamente ok, ma socialmente no. E i ragazzi hanno bisogno di relazioni non solo farmaci. Grazie se si riuscirà in questo nuovo approccio

  • #4

    Gianfranco Conforti (venerdì, 08 settembre 2023 09:05)

    Faccio presente che il modello del Fareassieme è già realtà in alcuni Dipartimenti di Salute Mentale e quindi è un modello realizzabile. Per averne informazioni si può scrivere a leparoleritrovatenazionali@gmail.com o contattare i referenti del Trentino (realtà da cui è partito il movimento Le Parole Ritrovate) - Vedere la pagina CONTATTI di questo sito https://www.menteinpace.it/contatti/

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La Psichiatria del fareassieme è un manuale di salute mentale molto diverso dai testi che di solito si trovano sull’argomento: non ci sono capitoli sulla psicopatologia, sui principali disturbi psichici, sui trattamenti più in voga. L’approccio del fareassieme mette al centro, nei fatti e non solo nelle parole, utenti e familiari. Medici, operatori, utenti, familiari e cittadini sono coinvolti alla pari nei percorsi di cura e nella co-progettazione e co-produzione di tutte le attività, i gruppi e le aree di lavoro del Servizio. Un approccio dove si impara a «pensare e a lavorare» assieme, valorizzando la presenza, il sapere esperienziale, le risorse di tutti.

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