SUL GESTO DEL DONO E SUL SUO VALORE EDUCATIVO (Franco Lorenzoni)

“Nessuno si accorge che i bambini hanno molto più bisogno di dare che di ricevere”. Questa frase del pediatra e psicoanalista inglese Donald Winnicott la scriverei in grande sulla parete delle nostre aule non per farla leggere ai nostri allievi, ma per ricordarcela sempre noi insegnanti.

 

Se la prendiamo sul serio, ci accorgiamo che invita a un cambiamento radicale nella nostra postura educativa.

 

 

DA Newsletter Comune-info<newsletter@ml.comune-info.net>

31/12/2023 22:27

A  menteinpace@libero.it  

 

di Franco Lorenzoni

30 Dicembre 2023

 

Sostenere che il bambino ha più bisogno di dare sottolinea infatti l’evidenza, spesso trascurata da noi adulti, che ciascuna bambina o bambino porta sempre qualcosa con sé, che spesso ha il desiderio di condividere con altri. Il problema è che non si può offrire ciò che si ha con sé o dentro di sé in assenza di qualcuno che si accorga e sia capace di accogliere il dono che portiamo, qualcuno che ci ascolti con sensibilità, curiosità e attenzione.

 

Una sorpresa scoperta all’École Decroly

 

Molti anni fa, su suggerimento di Emma Castelnuovo, fui invitato a Bruxelles con le bambine e i bambini di Giove (Giove è un comune di 1800 abitanti in Umbria – NdR) a visitare la scuola fondata da Ovide Decroly. La prima école pour enfants “irreguliérs” nacque nel 1901. Fu pensata e progettata per bambini con disabilità e certo non per caso si trovava in aperta campagna. Poi, nel 1907, nacque la Scuola dell’Ermitage vicino a Bruxelles, che si trasferì in seguito nella capitale belga, ma in un terreno che si trovava ai margini di un bosco.

Il medico belga, nel prendersi cura con straordinaria sensibilità di bambine e bambini con gravi disabilità, sperimentò negli anni tecniche educative che si rivelarono assai efficaci per tutti, come era accaduto negli stessi anni a Maria Montessori.

La prima che mi colpì riguardava la surprise, la sorpresa che allieve e allievi erano invitati a portare con loro al mattino arrivando a scuola. Il bambino portava con sé un oggetto trovato lungo il cammino o portato da casa e Decroly suggeriva alle e agli insegnanti di partire da quel dono, cercando cosa ci si potesse fare riguardo alla langue e alla mathématiques. L’apprendimento della lingua e della matematica dovevano insomma partire da un suggerimento portato dai bambini. Un bello stimolo alla creatività dei docenti, che dovevano immaginare al volo come far entrare in relazione e in risonanza l’oggetto donato con ciò che desideravano che la classe apprendesse.

Fermiamoci un momento sul gesto del dono e sul suo valore educativo. Sono certo che bambine e bambini in quell’oggetto condensavano tutta l’emozione che ci può essere nel desiderio di condividere qualcosa.

Riguardo a noi, nelle nostre scuole di oggi, penso si possano prendere in considerazione anche doni immateriali come il racconto di un sogno o di un’esperienza particolarmente significativa, la condivisione di un pensiero o di una intuizione logica o poetica.

Se diamo spazio e tempo almeno una o due mattine alla settimana a un momento da dedicare a questo tipo di doni creiamo una occasione per rendere visibile la relazione viva che bambine e bambini anche piccoli hanno con quel frammento di realtà trovato e scelto, che può venire dalla natura, dal mondo esterno o dal loro ricco mondo interiore.

Ma per rendere condivisibile quel frammento dobbiamo creare un contesto di ascolto collettivo in grado di cogliere il dono e valorizzarlo, dandogli spazio e respiro. E questa è una responsabilità che ci dobbiamo assumere noi adulti. Si tratta allora di delineare i contorni di un piccolo rito laico, di un’azione concreta in grado di permettere a tutte le bambine e bambini di sentirsi ascoltati e accolti nello scambio di qualcosa di intimo e personale. Un modo di presentarsi o ripresentarsi agli altri, che può contribuire grandemente alla trasformazione della classe in comunità.

Ma per credere che ciò che ciascuno nei diversi giorni offre conti davvero, c’è bisogno della nostra convinzione sincera che quel dono porti realmente un contributo alla ricerca della classe e ai nostri apprendimenti. Convinzione nel credere che quella sorpresa stia davvero nutrendo il nostro lavoro e la nostra ricerca e non sia un dono che si riferisca unicamente alla qualità delle nostre relazioni e al nostro benessere.

Ecco perché mi è tornato alla mente l’insegnamento di Decroly, che faceva della surprise il cardine attorno a cui far ruotare diverse attività di apprendimento.

 

Sostare in silenzio

 

Noi adulti abbiamo spesso il vizio di voler sempre dire e dare qualcosa ai nostri allievi in ogni occasione, senza la capacità di fermarci, sostare in silenzio e coltivare la pausa necessaria allo sviluppo dell’attenzione reciproca.

Sviluppare l’arte del ricevere credo ci possa aiutare perché spesso, pressati da mille incombenze e in ansia verso ciò che giustamente sentiamo necessario insegnare, ci scordiamo quanto sia importante, per apprendere felicemente, pensare che la lingua e la matematica siano strettamente legate anche a qualcosa di insolito che noi abbiamo trovato, pensato e proposto.

 

L’Autore

Franco Lorenzoni è un maestro elementare e insegna a Giove, in Umbria. Nato a Roma nel 1953, nel 1980 ha fondato ad Amelia la Casa-laboratorio di Cenci, un centro di sperimentazione educativa. Il suo ultimo libro è “I bambini pensano grande” (Sellerio).

 

Tratto da:

 

https://comune-info.net/scuole-aperte/larte-del-ricevere/?utm_source=mailpoet&utm_medium=email&utm_campaign=Da+trent%27anni+c%27%C3%A8+un+mondo+nuovo

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