“Oggi io e mio marito abbiamo un rapporto più sincero con nostro figlio. Ma per arrivarci siamo passati attraverso una rivoluzione copernicana”.
A parlare è Paola, la madre di un ragazzo che ha trascorso un periodo della sua vita chiuso in casa, in ritiro sociale, e che è riuscito a uscirne.
di Laura Pasotti, redattrice di Sogni&Bisogni
29/2/2024 12:40
A menteinpace@libero.it
Per riferirsi al ritiro sociale volontario e per definire le persone che vivono questa particolare condizione spesso si usa la parola hikikomori, un termine giapponese che significa stare in disparte.
(…) “Noi non sapevamo nulla del ritiro sociale, lo abbiamo scoperto leggendo un articolo – racconta Paola – Nostro figlio si era chiuso in casa da poco e così ci siamo rivolti a un gruppo di auto mutuo aiuto. Grazie al loro sostegno e a quello degli psicologi, siamo riusciti a invertire la rotta. Ma è stato difficilissimo, io e mio marito siamo stati ribaltati come calzini perché ci siamo dovuti mettere in discussione e abbiamo dovuto ammettere che anche noi eravamo responsabili di quella situazione. È stato molto doloroso”.
(…) “Il rapporto con nostro figlio è cambiato moltissimo, così come il nostro ruolo di genitori. Io e mio marito dobbiamo ringraziare nostro figlio perché il dolore che abbiamo vissuto ha provocato uno tsunami che ha generato una relazione migliore nella nostra famiglia, una relazione più profonda, basata sulla comprensione. Su consiglio della psicologa, abbiamo smesso di assillare nostro figlio con richieste e proposte e gli abbiamo lasciato spazio. Gli siamo stati vicini, abbiamo fatto cose insieme, piccole cose come guardare un film o giocare a carte, per ricreare una relazione e pian piano far rinascere in lui il desiderio di fare qualcosa, qualsiasi cosa, e passare dal nichilismo strisciante che permeava la sua visione al desiderio di tornare alla vita”, conclude Paola.
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